L'Europa che conta è ormai un miraggio che svanisce
Come, insomma, una squadra che vanta in organico nomi illustri e tanti nazionali, italiani e non, non riesca a darsi un minimo di continuità, non riesca ad assumere un'identità precisa: che magari, in questi momenti, è quella della mediocrità, con Spalletti più amareggiato che realmente infuriato, quasi un segnale di resa di fronte all'ineluttabile. Praticamente mancati, ormai, gli obiettivi di partenza che volevano un campionato di ritorno nell'Europa che conta, la Roma sembra scivolare nello sesso anonimato, o peggio, che aveva segnato la seconda metà della stagione scorsa. Senza che si vedano, all'orizzonte, apprezzabili i margini per una rinascita convincente, anche per la chiusura del mercato di gennaio, che comunque avrebbe rappresentato un'incognita, visto che, quando era possibile acquistare, i cordoni della borsa sono rimasti rigidamente chiusi. Si propongono soluzioni rivoluzionarie, via tutti i pezzi da novanta, da Cassano, a Chivu, a Mancini, perfino a De Rossi, all'insegna di una bonifica totale che però avrebbe un senso soltanto in presenza di un programma di minima, nessuna squadra essendo in grado di impostare il futuro sulla cessione dei propri migliori elementi. Senza considerare, poi, quali sarebbero le offerte di mercato, un fuoriclasse contro due mezze tacche non è stato mai un affare per nessuno, i giocatori giovani di buona quotazione hanno un prezzo pari a quello dei possibili partenti, che magari andrebbero a offrire gloria e risultati a rivali tradizionali. Tanti regali, aveva avuto la Roma all'inizio della stagione, senza che nessuno verificasse il contenuto dei pacchetti colorati, fino a promuovere titolare un portiere che si era pagato il proprio cartellino e che veniva dal Brasile: dove il numero uno in quel ruolo, Dida, da un annetto circa esibisce soltanto disastri. Non so quali rimedi possano essere messi in atto, al giorno d'oggi, da uno Spalletti che è bravo e onesto, ma non può contare sul supporto di una dirigenza labile e di uno spogliatoio che non vuol saperne di dimenticare i vecchi difetti apportatori di sventura. L'Olimpico, che ai tempi del vilipeso Fabio Capello era fortezza inespugnabile, è diventata terra di facilissime conquiste, lo spirito e il carattere perduti per strada, i cali di tensione sempre più frequenti. Domani sera arriverà il Basilea, da battere per assicurarsi un posto fra le trentadue ammesse all'eliminazione diretta in Coppa Uefa. Ci sarà da salvare non tanto l'esito di una manifestazione che non ha molto di prestigioso, ma almeno la faccia, per riconquistare anche in minima parte quell'affetto che i tifosi hanno a lungo manifestato con generosità apprezzabile, senza nulla ottenere in cambio, se non feroci umiliazioni.