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Il signor Rossi punta all'en-plein di vittorie nel Granducato di Toscana

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Un risultato positivo per allontanare da Formello i «Lotito-vattene» e i mister X di turno, soprattutto per non perdere il treno europeo, sul primo vagone del quale viaggia il prossimo avversario, il Livorno di Donadoni. Che con un Lucarelli nemmeno travolgente come l'anno scorso (a tutt'oggi solo 7 gol) è la prima alternativa all'aristocrazia del calcio. Alla Lazio non resta che vagheggiare il blitz nel quasi inaccessibile stadio dedicato ad Armando Picchi dove, archiviati due pareggi e cinque vittorie, finora fra gli avversari ha fatto gol giusto il leccese Pinardi. Ne deriva un impegno arduo per Delio Rossi e la sua truppa, anche se hanno appena determinato una striscia di tre successi consecutivi (compreso il Cittadella di Coppa Italia) mandando in gol a rotazione addirittura 12 giocatori come se non esistessero specializzazioni nell'intercambiabile collettivo biancoceleste. Da Rocchi, capocannoniere con 5 gol, a Pandev, che lo segue a quota 3, da Siviglia all'ultimo realizzatore Simone Inzaghi (senza dimenticare Oddo, Zauri, Dabo, Liverani, Manfredini, Cesar, Di Canio e Tare), la Lazio scopre di saper mandare a rete qualsiasi giocatore rientri nei suoi schemi, privilegio che vanta in misura leggermente minore (11 cecchini) pure il Milan di Ancelotti fra le tante risorse che lo caratterizzano. Ma il Livorno pare altrettanto costruito sull'abnegazione collettiva, e nell'ambiente arroventato e grondante le solite strumentalizzazioni politiche diventerà arduo inventare football propositivo senza sbilanciamenti punibili. Certo, è vero che il Granducato di Toscana porta fortuna dopo i 9 punti accumulati tra Fiorentina, Empoli e Siena, però altre motivazioni dovrebbero prevalere per cancellare l'aspetto scaramantico cui la Lazio s'aggrappa nell'avvicinamento. Innanzi tutto a prescindere da qualsiasi esorcismo è presumibile che il Livorno avvampi sotto l'abituale spinta dei suoi ultrà di estrema sinistra, particolarmente fanatici al grido di slogan stalinisti, non appena ritornano nel mirino i fans laziali collocabili nell'estrema destra. Così, per i 3000 tifosi che andranno nella città portuale, bisogna innanzi tutto augurarsi che i controlli funzionino allo stadio e nei dintorni prima ancora di assistere a quanto la Lazio saprà proporre contro l'opposizione amaranto. Come sarebbe bello parlare soltanto di una grande domenica di sport senza incidenti né violenze, mentre l'accoppiata Tare (o Rocchi)-Di Canio tenterà di rendere perforabile le protezioni innalzate a supporto di Amelia! Trasformato in derby politico che etichetta le tifoserie in maniera arrogante e che pretende l'impiego di mille agenti chissà quanto adeguati a salvaguardare l'ordine, Livorno-Lazio rende purtroppo melense e un po' banali tutte le notizie legate ai preparativi tecnico-tattici degli allenatori e anche quelle un po' romantiche che altrove meriterebbero grandi titoli come il ritiro della maglia numero 10 di Igor Protti, vanto prevalente dei livornesi e comunque rintracciabile nei ricordi biancocelesti. Tocchiamo ferro. Forza Lazio: gli scenari a quota 25 sottintenderebbero il raggiungimento di obiettivi inimmaginabili. Poi anche l'implacabile Juve, prossimo avversario in notturna all'Olimpico, diventerebbe meno ispida nell'immaginario dei parrocchiani di Lotito.

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