Umiltà e cuore per ritrovare il sorriso

Nessun astio particolare tra le tifoserie, ma insomma per i romanisti è inevitabile legare alla formazione salentina il ricordo di quello sciagurato pomeriggio primaverile del 1986: quando, coronata un'incredibile rincorsa alla Juventus, da queste parti si respirava aria di scudetto. Il Lecce di Eugenio Fascetti era già virtualmente retrocesso e all'Olimpico pensava soltanto a rispettare un onesto impegno di calendario. Alla lanciatissima Roma non sarebbero stati sufficienti i gol di Pruzzo e Graziani per i due punti che l'avrebbero mantenuta affiancata alla vetta: ma due argentini, Pasculli e Barbas, ribaltarono quasi in scioltezza risultato e pronostico, rendendo mesto congedo l'ultima partita a Como. Per la verità, che la Roma di Eriksson fosse alla frutta lo aveva testimoniato la precedente, e pur larga vittoria di Pisa: dove la fortuna aveva assistito una squadra allo stremo dopo la lunga conquista della Coppa Italia nel doppio confronto con la Samp avrebbe appena mitigato. Dici Lecce, dunque, e la Roma trema, poco confortata dalla statistica che la vuole imbattuta, finora, allo stadio della Via del Mare, visto che la legge dei grandi numeri non rappresenta un vantaggio. E, per tornare alla realtà del quotidiano, altri due fattori inducono allo scetticismo in vista di questa ennesima notturna stagionale. Il primo è rappresentato dalla crescita del Lecce, che vale certamente molto di più della posizione occupata sull'ultimo gradino della classifica a fianco del Treviso. Era stato molto sfortunato Gregucci nelle prime giornate, poi Silvio Baldini avrebbe conosciuto altre disavventure: non ultimo, il gol di Inzaghi in pieno recupero a negare ai pugliesi un pareggio a San Siro, di fronte al Milan, che sarebbe stato onestamente guadagnato. A questa formazione che, per organico e disinvoltura di manovra, sembra in grado di trovare una nuova salvezza dopo gli applauditi miracoli di Zeman, la Roma si troverà ad opporre una volta di più il volto dell'emergenza. Non ci saranno, in difesa, lo squalificato Mexes, l'infortunato Cufré e forse neanche Chivu, convocato ma non al meglio. mancheranno, come si sa, Dacourt, Mancini e Montella, ma soprattutto mancherà capitan Totti, che si è arreso ai ricorrenti guai fisici recenti. In attacco giocheranno Nonda e Antonio Cassano, alla vana ricerca di un po' di affetto, magari di un filo di comprensione. Sembra affidabile il centrocampo con De Rossi, Perrotta e Tommasi o forse Aquilani, assai rabberciata la difesa, in panchina anche i primavera Freddi, Rosi e Okaka. Ci vorranno l'umiltà e la concentrazione della partita con la Fiorentina, per ritrovare un sorriso dopo la parentesi europea di Belgrado, in attesa di risolvere i non pochi equivoci stagionali, non ultimo il dilemma del portiere: creato quando forse se ne sarebbe potuto fare a meno.