In due mesi padrone della difesa giallorossa
Sempre presente, o quasi. Samuel Osei Kuffour è l'unico vero insostituibile della Roma spallettiana. Dopo Totti, naturalmente. Un pilastro, una sicurezza per un reparto che lo scorso anno aveva subito solo in campionato la cifra impressionante di cinquantotto reti. La difesa romanista ha incassato finora dieci gol, di cui soltanto tre lontani dall'Olimpico in sei trasferte. La linea difensiva giallorossa è la meno battuta fuori dalle mura amiche. Meglio di Juventus e Milan. Meglio di tutti, roba da record. E francamente, gran parte del merito della ritrovata stabilità delle fondamenta, è da attribuire proprio a lui. Per media rendimento, fin qui il ventinovenne tornato in Italia dodici anni dopo la sua esperienza al Torino, è tra i migliori interpreti del ruolo della serie A. Accanto a lui si sono alternati Chivu, Mexes e Bovo. Il rumeno è finito addirittura sul banco degli imputati, la leadership della retroguardia è indiscutibilmente finita sulle spalle grandi e grosse di Kuffour. Un giocatore che dà il massimo, in ogni allenamento. Sempre. «Uno che non guarda in faccia nessuno», come dicono molti dei suoi compagni. Ne hanno fatte le spese a turno Cassano e Montella. Perché «Samy» usa i garretti spesso arroventati, non disdegna i tackle anche in partitella, entra duro. Anche troppo, stando alle reazioni di Spalletti, che lo ha osservato lasciare il campo di allenamento. Kuffour ha un carattere particolare, bizzarro. Estroverso e vulcanico all'interno dello spogliatoio. Ma a volte passa anche il segno, esagerando. Nella lite di una settimana fa con Montella, Kuffour ha fatto alterare il tecnico, non disposto a concedere alzate di testa, da Cassano in giù, a nessuno. L'allenatore si fida di lui, non insensibile al confronto avuto con la difesa, che ha contributo alla decisione del cambio del portiere. Poi c'è un altro rapporto, quello con il pubblico. Il numero quattro ha conquistato tutto l'ambiente giallorosso con l'esultanza di Tromsoe. Dopo la sua incornata vincente e gli abbracci dei compagni ha cercato subito Giorgio Rossi, il più romanista di tutti, per stampargli un bacio sulla guancia. Un gesto che ha colpito per la sensibilità e l'altruismo di un giocatore che ha saputo inserirsi subito al meglio in una realtà complicata come quella del calcio italiano, che diciassettenne solo aveva sfiorato nel Toro di Borsano. Subito il pensiero è andato ad Aldair, si sprecano i paragoni con un altro rimpianto Samuel, l'argentino: forse i due più grandi difensori centrali della storia della Roma recente. Il ghanese ha meno classe del brasiliano, ma più disciplina rispetto al «muro» ora alla corte di Moratti. In quattordici presenze ufficiali soltanto un'ammonizione rimediata, dato importante per i difensori spesso a rischio diffida. Il momento magico attraversato con la maglia della Roma gli ha permesso anche di tornare a distanza di un anno nella sua nazionale, che sta per affidare ad Andy Cole la guida tecnica. L'amichevole contro l'Arabia Saudita sancirà il suo ritorno nella squadra che si è da poco assicurata l'accesso ai mondiali di Germania. A questa prima apparizione degli africani nella massima rassegna iridata prenderà parte, a meno di sorprese, anche Kuffour. Niente male per un difensore prelevato nel giugno scorso dal Bayern a parametro zero. Le previsioni del suo manager Oscar Damiani anticiparono quello che si sarebbe rivelato un grande affare: «Kuffour sta bene fisicamente, sarà la rivelazione della stagione. In molti si pentiranno di non aver puntato su di lui». Con la realtà tedesca aveva rotto, «una questione di stimoli», si disse. La Roma e Spalletti si fregano le mani, pensando al triennale sottoscritto l'estate scorsa.