«Sono rimasto perché tengo alla maglia Parlare con Spalletti mi ha convinto»
Un anno e mezzo dopo l'ultima partita è tornato un calciatore. «Le emozioni le ho già vissute nelle convocazioni precedenti. Domenica scorsa con l'Ascoli ho avuto poco tempo per farlo: ero troppo concentrato, ho guardato la panchina per le indicazioni soltanto dopo un quarto d'ora». Tanti i momenti difficili da superare, la rieducazione, i progressi, gli intoppi. «Fissavo nella mia mente soltanto le sensazioni dei giorni belli, il resto lo accantonavo come impressioni passeggere. Sono fiducioso di tornare presto nelle migliori condizioni perchè mi fido di chi mi ha operato. Per ora mi limito a dire che è bello sentirsi capace di rendermi utile e tornare a far parte di un gruppo che conosco e che è ripartito con premesse diverse dallo scorso anno. Quando vai in panchina sei pronto anche a giocare dal primo minuto. La forza di un vero gruppo è quella di sapere che ognuno è utile ma nessuno indispensabile e si può essere utili alla squadra anche solo giocando due minuti, anche dalla panchina. Certamente non bastano venti minuti per dire che sono ritornato quello che ero prima del grave infortunio. Al resto penserà Spalletti, da domenica prossima. Aspetto che arrivi il mio momento senza creare problemi». Ma in che condizioni è il suo ginocchio destro? «I contrasti li ho sempre fatti, anche in questi lunghi mesi. Nell'impatto con gli avversari prima cercavo di frenare lo slancio, adesso invece non tolgo il piede: l'aspetto psicologico è fondamentale e io non ho paura». Non solo punto di riferimento nello spogliatoio, allenatore e squadra sperano di trovare in lui anche un centrocampista importante. «Non so cosa sarò in grado di dare, cercherò di fare meno danni possibili. Il mio compito è quello di farmi trovare sempre pronto. Sono rimasto perchè tengo a questa maglia. A un certo punto mi sono immaginato con una maglia diversa. Potevo tornare a Verona, poi le ambizioni e le motivazioni, la famiglia e i colloqui con Spalletti e Di Francesco mi hanno indotto a restare a Roma». Sottoscrivendo un contratto da impiegato. «Non mi piace parlare di cifre. Quando ho scelto ho valutato tutto. L'incognita sulle mie condizioni di salute c'era e c'è ancora: ho preferito sollevare altri dal rischio di sbagliare ed ho scommesso su me stesso. Spero solo che il futuro ripaghi questa mia decisione». Prima le convocazioni, poi qualche panchina sporadica, ma il suo momento non arrivava mai. «E' vero, ma allora non stavo bene come adesso. Le convocazioni erano in pratica dei premi per l'impegno settimanale. Ricordo le chiacchierate, i consulti, le legittime apprensioni prima del rientro. Ero convinto che il tempo mi avrebbe dato ragione, perchè ritengo che reagire a un'ingiustizia agitandosi non faccia che peggiorare le cose. Avevo voglia di giocare e di dimostrare che stavo tornando». Intanto la Roma sembra essere uscita dal tunnel della crisi. «La squadra ha enormi margini di miglioramento, siamo sulla strada giusta. Stiamo lavorando bene cercando di non commettere gli stessi errori dello scorso. Ci sono molti giovani che hanno voglia di costruire». Da consigliere dell'Associazione Italiana Calciatori, Tommasi non può non commentare la vicenda Cassano. «Come stiano realmente le cose lo sanno soltanto i diretti interessati. E' diventata una domanda fissa, come nell'anno dello scudetto era per Nakata, non vedo l'eccezionalità del caso. Antonio sta facendo il suo dovere e si allena con noi. Finora non ci sono state violazioni di regolamenti. Ne abbiamo parlato anche nelle riunioni dell'Aic con Campana, per lui così come per tutti i giocatori in scadenza di contratto. Da quel che so non c'è nessuna ipotesi di ricorso agli organi federali. Anche io sono in scadenza contrattuale, ma nessuno monta un caso».