di GIANFRANCO GIUBILO QUANDO il destino ci sottrae un vecchio amico, con lui se ne va anche una parte ...
Non chiederti per chi suona la campana, suona per te: e ti rende più difficile accettare la scomparsa di una persona cara. Lo era indubbiamente Ferruccio Valcareggi, una quercia anche nell'età avanzata, un gentiluomo che neanche i nemici più accaniti, diciamo la schiera dei «riveriani» rancorosi per i sei minuti della finale messicana, avevano l'animo di denigrare, riconoscendone la grande umanità. Da bambino, lo avevo visto giocare nella Triestina, la squadra della sua città natale, prima di ammirarlo più tardi nella Fiorentina, che per sempre gli sarebbe rimasta nel cuore. Altre maglie avrebbe indossato, quelle del Bologna, del Vicenza, della Lucchese, del Brescia, per chiudere con quella del Piombino: a quei tempi, primi Anni Cinquanta, in Serie B, dovrebbe avere acquisito visibilità per una memorabile batosta alla Roma, nel solo anno di purgatorio dei giallorossi. Ma nella cittadina toscana era già allenatore, oltre che giocatore, e questa sua vocazione avrebbe indirizzato la sua vita, consentendogli di toccare traguardi importanti non sempre riconosciuti nel giusto valore. Non era, Ferruccio, un uomo di molte parole, ma sapeva valutare l'onestà e l'amicizia. Personalmente mi resta il ricordo di un rapporto molto affettuoso e professionalmente corretto, delle partite a tennis con lui ma più spesso con suo figlio Furio, bel personaggio come tutti i suoi familiari. Come allenatore di club, Ferruccio ha seguito un'onesta carriera provinciale: il Prato, la Fiorentina, due volte l'Atalanta. Dopo le avventure azzurre e due campionati del mondo, nel '70 e nel '74, ancora una breve parentesi nel campionato italiano, con il Verona per tre anni e poi una stagione a Roma, alla guida dei giallorossi, affiancato da «Spapocchio» Bravi, prematuramente scomparso. Anche qui da noi lasciando, nonostante le sofferenze di una salvezza raggiunta in extremis, un buon ricordo. Era subentrato dopo poche giornate a Gustavo Giagnoni e non disponeva di un organico che potesse offrirgli grandi prospettive, nonostante proprio all'inizio di quella stagione fosse arrivato qui Roberto Pruzzo, destinato a entrare nel ristretto numero delle leggende romaniste. Avrebbe chiuso la sua carriera, Ferruccio, a metà degli Anni Ottanta con la sua Fiorentina, subentrando per un capriccio della sorte a quel Picchio De Sisti che in Nazionale era stato uno dei suoi interpreti prediletti, regalandogli un Campionato d'Europa. All'attivo di Valcareggi, due trofei «Seminatore d'Oro», nel '57 e nel '73, destinati a premiare gli allenatori più attenti alla valorizzazione dei giovani. Ma naturalmente, nel ricordare Valcareggi, il riferimento più importante è la Nazionale: raggiunta dopo essere stato l'assistente dello sfortunatissimo Mondino Fabbri e avere poi affiancato Helenio Herrera, nella breve e non illustre parentesi azzurra del Mago. Per sette anni, Valcareggi sarebbe rimasto Commissario Tecnico della Nazionale maggiore, dal giugno del 1967 allo stesso mese del 1974, all'indomani del fallimento nel Mondiale tedesco. Ma il punto focale, per ricordare la carriera di Ferruccio Valcareggi e valutarne i chiaroscuri, rimane il Mondiale messicano, quel secondo posto che avrebbe suscitato un'indegna gazzarra, un linciaggio gratuito da parte di chi aveva certamente dimenticato i precedenti azzurri nella Rimet del dopoguerra. Precedenti che indicano: eliminazione al primo turno in Brasile ('50), Svizzera ('54), Cile ('62) e Inghilterra ('66), l'umiliazione della Corea del Nord e perfino l'unica mancata qualificazione della storia, quella del 1958 per mano dei nordirlandesi. Quell'avventura messicana, Valcareggi e Walter Mandelli, che disgustato infine del calcio avrebbe scelto altre strade diventando anche Presidente della Confindustria, quell'avventura, dicevo, l'avevano meticolosamente programmata, con le amichevoli invernali a saggiare i rischi del football in quota, dai 2400 della capitale ai 3000 di Toluca. Valcareggi aveva celebrato due anni prima il ritorno a una vittoria dell'Italia in un