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Attenti a non commettere sempre gli stessi errori

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Non basta la crisi profonda che ha ricacciato indietro sogni e ambizioni e riproposto tutti gli inquietanti interrogativi ai quali il finale della stagione scorsa aveva dato la più crudele delle risposte. Fedele al motto «non ci facciamo mancare nulla», la Roma cerca puntigliosa tutto ciò che è disponibile per rendere ancora più complesso il compito che l'attende domenica sera all'Olimpico: in un derby che, in fase di pronostico, ha rovesciato tutte le premesse e le promesse dell'avvio, regalando ai rivali un non usurpato ruolo di onesti favoriti. Sembrava strano che si fosse arrivati a metà settimane senza riproporre lo sgradevole ritornello della polemica con il meno amato dagli avversari: che lo scorso anno aveva lanciato, nel pieno rispetto del proprio ruolo di capitano, l'esca più appetitosa per trascinare il confronto sul piano nervoso, nell'intento di livellare in indiscusso gap tecnico, per altro basato soltanto sui nomi e non sulla qualità del gioco espresso. Vincenzino Montella, che se ne era rimasto al calduccio (si fa per dire) romano, era stato abbastanza lucido nell'individuare la sopravalutazione, sua e dei compagni tra le cause della caduta in verticale. E adesso è, nella stessa misura, tanto sprovveduto da comportarsi da luccio nei confronti del lombrico appeso all'amo: senza, badate bene, che quest'amo fosse stato lanciato. Definire Paolo Di Canio «un bravo provocatore», significa riproporre il tema stucchevole di un anno fa senza che stavolta il laziale, del resto fedele alla consegna del silenzio scaramanticamente accettata, avesse detto una parola. O magari Montella potrebbe essere stato tanto machiavellico da riproporre lo stesso clima elettrico nella consapevolezza di un ribaltamento della scala dei valori, ipotesi francamente poco credibile. Ma poiché alla vigilia di un derby è soprattutto alla serenità e all'unità di intenti che è giusto e sensato fare appello, ecco il bombardamento e la contraerea a riportare in primo piano i dissidi tra la Roma e Antonio Cassano: con il barese alla ricerca di un supporto morale da parte del tifo, con la società che minaccia tuoni e fulmini, comprese sanzioni economiche pesanti, però con gli stessi accenti assolutamente ineleganti rimproverati al proprio tesserato. Il cui procuratore promette a sua volta il ricorso a vie legali, niente di meglio per ricucire un rapporto inesorabilmente deteriorato, ma non certo per colpa esclusiva dei presunti capricci del talentino barese: a cominciare dal ritardo con il quale la società ha affrontato un problema che chiedeva una soluzione in tempi lunghi. Di recupero dello spirito giusto, della condizione migliore, della mutua solidarietà interna non vi è stata traccia, in questi ultimi giorni. Tanto tempo dedicato ai veleni, che produrranno l'ennesimo esodo a costo zero, attenzione nulla, o quasi, a uno degli eventi agonistici più attesi della stagione, anzi di tutte le stagioni. Non è che ci sarà qualcosa di sbagliato?

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