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Il brasiliano pronto al rientro con la maglia giallorossa: a Empoli ci sarà

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A quello devastante del precampionato, dell'esordio a Reggio Calabria. Era il 28 agosto e il brasiliano sbriciolava con il suo gol e le sue brucianti accelerazioni le resistenze dei calabresi, guidando la Roma alla vittoria. Brillante, atleticamente superlativo, il laterale di Belo Horizonte mise in mostra i lampi di classe e freschezza atletica che lo resero protagonista assoluto nel suo primo anno di Roma. Durante il ritiro di Castelrotto il tecnico si lanciò in un giudizio a dir poco lusinghiero, folgorato dalle qualità del suo nuovo giocatore: «Lo conoscevo da avversario, ma ora mi trovo ad allenare un atleta formidabile. Un giocatore come Amantino nella Capitale non si è mai visto». Un'iperbole, la sua, che comunque la diceva lunga sullo stato di grazia assoluto di «Mancio». Nella Capitale si parlava della coppia di esterni più valida del campionato. Taddei e di Mancini come autentico punto di forza della squadra del nuovo corso. Sono trascorsi pochi mesi, sembra un'eternità. Perché la Roma è desolatamente a centro classifica: 8 punti in 6 partite, un bilancio mediocre. E perché una data spartiacque è stata quella del 31 agosto, data di chiusura del calciomercato. O meglio, quella di 24 ore prima. Nell'Hotel Palace di Milano, con Mancini a colloquio con il suo procuratore Gilmar Veloz e Mino Raiola, agente Fifa contiguo alla Juventus. Il comunicato emesso dalla Roma escluse l'esistenza di una trattativa in corso, cui seguirono le smentite di rito, ma indicativa fu la reazione rabbiosa di Spalletti che, all'oscuro del blitz milanese del suo pupillo, accolse con disappunto la notizia della pressione della Juventus per nulla rifiutate dal suo giocatore. Il parere del tecnico fu vincolante e influì in modo decisivo per sventare una possibile cessione. Da quel momento — ironia della sorte, dicono i maligni — il Mancini sfavillante di inizio stagione non ha lasciato più tracce. Impalpabile le sue prestazione contro l'Udinese, sufficiente quella di quattro giorni dopo con l'Aris in coppa Uefa. Poi l'infortunio di Livorno, i 76 minuti del «Picchi» senza incidere minimamente, quello stiramento muscolare alla gamba destra che lo ha relegato in infermeria. «Non ci voleva davvero», disse l'allenatore appresi i tempi di recupero dell'esterno destro ideale del suo scacchiere. La Roma andava ridisegnata, senza uno dei suoi punti cardine, ma soprattutto si ponevano interrogativi sull'effettiva volontà di Mancini di rimanere in giallorosso. Sfumata sul nascere la cessione, il colloquio con Spalletti contribuì a rasserenare gli animi. Di lì il permesso accordato di volare in Brasile, per consentirgli di stringersi accanto al padre ammalato. Ma resta più che mai in sospeso la questione contrattuale. Su quei 1.200 mila euro a stagione fino al 2009, un sigillo apposto non più tardi di un anno fa e già «rivedibile». La richiesta formulata alla società di un adeguamento, con promessa in cambio di parlarne appena possibile. Da ieri intanto il brasiliano è da considerare recuperato a tutti gli effetti. E' tornato ad aggregarsi al gruppo, dimostrando già un buon livello di tenuta. Dopo un mese, Mancini tornerà al suo posto. Su quella fascia destra dove sa essere devastante, probabilmente in quel 4-2-3-1 col quale Spalletti inizialmente ha impostato la squadra. Per il riscatto dopo la sosta l'allenatore punterà subito su di lui. Ma che Mancini sarà?

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