Peruzzi: «Il calcio è in crisi. Per essere simpatici bisogna vincere»
E Angelo Peruzzi, veterano del gruppo azzurro con i suoi 35 anni già compiuti e quasi 20 trascorsi su un campo da gioco, li elenca tutti con estrema schiettezza e chiarezza. Una sorta di «je accuse» che richiama alla responsabilità tutti, giocatori ma anche dirigenti e presidenti. «Ho cominciato a giocare nel 1986 e già allora si diceva che il pallone sarebbe scoppiato: questo non è successo ma di certo da allora non siamo cresciuti». Il portiere della Lazio e della Nazionale parte da un dato di fatto che, già dopo le prime sei giornate di campionato, appare inconfutabile: il vistoso calo di spettatori registrato quasi ovunque. «Dispiace vedere l'Olimpico vuoto, io vorrei sempre giocare davanti a 60.000 persone ma questo appare oggi una chimera. Non credo però che dipenda solo dal rincaro dei biglietti. Ad esempio in tv si trasmettono di continuo partite e la gente si è sempre più attrezzata in casa con maxi-schermi dove ti fanno vedere i gol decine di volte; il decreto Pisanu ha portato tanti cambiamenti e se ad esempio prima bastava mezz'ora per entrare in uno stadio oggi se ne impiegano tre. Poi ci sono le polemiche continue, le tante vicende come il calcio scommesse che hanno tolto credibilità. E ancora la questione dei diritti tv che ha riempito a suo tempo di denaro le società portando molte di queste a spenderlo tutto in una sola stagione per rafforzarsi col botto. Poi però negli anni successivi la maggioranza non ha saputo più gestire i bilanci, è andata in difficoltà, ha finito per svendere e quindi impoverire le proprie squadre. Così, in assenza di risultati e di spettacolo, la gente ha smesso di divertirsi e ha abbandonato gli stadi». Peruzzi fa anche un altro esempio significativo: «I bambini, e lo so per certo, non collezionano più le figurine dei calciatori, bensì di atleti di altri sport come la pallavolo. Il calcio insomma non è più popolare come un tempo. Di chi la responsabilità di questa crisi? Di tutti, nessuno escluso». Quanto ai possibili rimedi dice: «Io so soltanto che bisogna essere consci di questa situazione e rimboccarci le maniche, perché le parole non bastano piu». Servono insomma i fatti e servono i risultati e questo vale anche per la Nazionale. Da qualche tempo si parla di varare una sorta di «operazione-simpatia» per rinfocolare l'entusiasmo attorno all'Italia, Peruzzi concorda ma con precisi distinguo: «Serve un'iniziativa del genere ma prima di tutto dobbiamo essere bravi noi a fare risultati. Perché è solo con quelli che riesci a conquistare la gente. Prendete la Nazionale di Arrigo Sacchi: dopo un inizio difficile prese a fare bene arrivando a disputare un Mondiale eccezionale perso solo ai rigori in finale con il Brasile. Ebbene, la gente ricorda solo quel risultato. Per essa la Nazionale in quella gara aveva giocato male e quindi aveva perso. Questo è il punto: contano solo e sempre i risultati, una squadra trascina e conquista se vince. Tutto il resto viene di conseguenza».