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Il presidente Arese «In troppi non hanno le carte in regola»

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Forse perché sulla stessa pista, nel lontano 1971 aveva vinto l'oro europeo nei 1500 si aspettava dai «suoi» atleti la stessa caparbietà, lo stesso spirito di sacrificio che probabilmente a quei tempi lo aveva portato sul trono continentale. «Penso che abbiamo sopravvalutato la competitività dei nostri atleti — ha detto Arese nella conferenza stampa di chiusura — ma in troppi hanno dimostrato di non avere le carte in regole per calpestare degnamente una pista iridata. Il comportamento di alcuni mi ha fortemente deluso e probabilmente è stato il frutto anche di una poco approfondita verifica pre-mondiale che avrebbe magari lasciato a casa qualche azzurro decisamente fuori condizione. La mia posizione però non mi permette decisioni affrettate, frutto della delusione del momento. Bisogna tornare a casa e fare chiarezza su ciò che è successo e su cosa va cambiato». E qualche idea il presidente, davanti alla prima reale difficoltà del suo primo mandato, l'ha pure maturata con una strategia chiara: «Ho chiesto ad ogni settore una relazione tecnica dettagliata relativa ad ogni componente della squadra, al risultato mondiale e al cammino fatto per arrivare sulla pista finlandese. Con un quadro esatto della situazione e la razionalità fredda e lucida post spedizione, con serenità ma forte determinazione verranno prese le decisioni ritenute più giuste. Mi sembra che questi mondiali ci abbiano dimostrato che la lotta intrapresa dalla federazione internazionale contro il doping stia dando degli ottimi frutti. Ma è chiaro che bisogna allenarsi e crederci e Alex Schwazer, con i suoi soli venti anni ci ha dato un grande insegnamento. È un esempio di talento sì, ma anche abnegazione, carattere, voglia di lottare e anche oculatezza tecnica». Cambiare rotta dopo il mondiale più povero per i colori azzurri nella storia dell'atletica leggera non deve essere cosa facile: «Mi rendo conto che il compito che ci aspetta non sarà semplice, ma del resto con la carica ho raccolto anche una sfida che intendo onorare fino in fondo. I banchi di prova non sono poi così lontani, intanto ci sono gli Europei di Goteborg dell'anno prossimo e poi un po' più in là i Giochi olimpici di Pechino. Abbiamo il dovere di tutelare gli atleti che pensiamo possano far bene in queste occasioni senza dimenticarci dei giovani, sui quali dobbiamo investire, sfruttando magari in modo più massiccio i nostri centri federali, visto che i raduni all'estero a conti fatti si sono mostrati infruttuosi». Sulla stessa linea d'onda il direttore tecnico Nicola Silvaggi che si è avventurato in una prima analisi distinguendo tra i vari settori: «Dalla velocità mi aspettavo qualcosa di più, sia individualmente che con le staffette. Anche i salti considerando il valore raggiunto in questi anni, non hanno conseguito la sufficienza. E se dal mezzofondo veloce non ci aspettavamo molto, ma abbiamo comunque voluto con qualche presenza dare uno stimolo ad un settore in evidente difficoltà negli ultimi anni, la maratona, Baldini a parte, ha deluso. I lanci potevano darci qualcosa in più soprattutto con la Legnante, che è andata in bambola e la Balassini che stavolta è stata davvero sfortunata. La marcia ha fatto il solito ottimo lavoro, non solo ovviamente perché ci ha regalato la nostra unica medaglia ma anche tutto sommato per la posizione della Rigaudo e il personale stagionale di Civallero».

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