Il fondo senza fine del pallone italico
Il problema è che questo fondo è virtualmente senza fine, se l'estate in piena fioritura è riuscita a regalarci il caos totale. Ormai le classifiche sono una sterile esercitazione, non più una scala di valori per delineare le posizioni in campo nazionale. A fine campionato tutto rimane provvisorio, le società faticano a disegnare programmi resi labili dal susseguirsi degli interventi sugli illeciti sportivi e su quelli amministrativi, magari tirando fuori subdoli rancori come nel caso della Roma tartassata per livore personalissimo. Il sogno di Serie A del Genoa, il bagno di folla entusiasta, tutto vanificato nel giro di poche settimane: e adesso la città si ribella, con un malore forte e giustificato, mentre ingiustificato è l'indirizzo di questa rivolta popolare. Che cosa significa fare appello, come hanno proposto i legali della società e gli esponenti politici locali, alla sensibilità di un Tribunale sportivo? Casomai oggetto della contestazione dovrebbero essere coloro, a partire dal presidente, che una situazione del genere hanno determinato con la goffa combine venuta alla luce senza neanche che ci fosse l'esigenza di una indagine profonda. Che il verdetto dei giudici abbia scavalcato in severità anche le richieste dell'accusa non può non far piacere a chi si augura che il calcio sia giunto finalmente a una svolta, in fatto di tolleranza, dopo le continue ignominie perpetrate già in anni lontani, ma di recente lasciate impunite o quasi, per non urtare troppe suscettibilità. Logicamente occorrerà attendere i successivi gradi di giudizio, ma la sensazione è che il Genoa non potrà cavarsela a buon mercato dopo le iniziative a livello rubagalline che gli sono state contestate. Così che la Serie A risulterà molto diversa da quella che l'esito finale dei due maggiori campionati professionistici aveva delineato: probabilmente con Bologna, Treviso e Ascoli e promessa di ulteriori sfracelli economici. Del resto, le società maggiori, per amministrarsi, hanno dovuto far ricorso a un dirigente largamente coinvolto in prima persona in uno di questi club e anche personaggio di primo piano in campo televisivo, così da poter trattare con se stesso la cessione dei diritti in chiaro. Del resto, non merita grande comprensione la Rai, azienda che negli ultimi anni si è distinta per una gestione dilettantistica da brividi. In una giornata così poco confortante per quasi tutti gli appassionati, una nota teoricamente positiva la offre il settore arbitrale, con Maurizio Mattei designatore unico, in attesa di Collina, e con nuove norme per un sorteggio pilotato. Mattei è diligente e onesto, anche se mi resta difficile assolverlo per l'episodio lontano di Avellino-Inter, quando non consentì a Lombardi, sprovvisto di documenti, di scendere in campo nonostante le testimonianze di colleghi e rivali. Non lo conosco, disse, come se in Serie A fossero esistiti tanti giocatori rossi di capelli e così facilmente identificabili. Un segno di ritrovata lucidità mentale, anche dalla decisione di abolire, per gli allenatori, il limite dei sessantacinque anni, anche i nostri soloni si sono accorti che la vita umana, e i suoi confini, non sono fermi al Medioevo. Sarà poca cosa, ma i motivi di consolazione vanno colti al volo, anche nel loro piccolo.