Diritti tv, la Rai deve capire che il monopolio è finito
E' stata la nascita di canale 5 alla fine degli anni ottanta a decretarne la fine, avvenuta sulla spinta di una robusta azione imprenditoriale di Silvio Berlusconi ma anche sfruttando i buchi di una legislazione che non aveva ancora previsto le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Ebbene pare che molti non si siano ancora accorti di come la nuova situazione abbia inciso anche nel campo dei diritti televisivi, che sono diventati una componente primaria della struttura economica del mondo sportivo. Essendo il calcio la disciplina più popolare nel nostro paese è inevitabile che proprio i diritti del pallone ottengano un'attenzione particolare presso il pubblico e gli organi di stampa. Ad esempio nel 1980, appunto prima della nascita di Canale 5, i diritti per le immagini del campionato di serie A (la diretta non era ancora prevista, c'era la possibilità di vedere verso le 19 un tempo di una partita ed in serata le sintesi filmate) costavano meno di due miliardi di lire. Questa cifra, sulla spinta della concorrenza, è salita in modo clamoroso raggiungendo nel 1998 il limite di 300 miliardi (sempre lire). Poi è scesa perché quei diritti avevano perso valore da quando, nel 1993, Telepiù, la prima televisione a pagamento, ha avuto la possibilità di trasmettere in diretta le partite del campionato. Telepiù ha avuto per qualche anno la concorrenza di Stream prima che le due rivali si unissero sotto le insegne di Sky che, respinta una timida azione di disturbo di alcuni piccoli club, è rimasta l'unica esclusivista del calcio in diretta. Alla Rai sono rimasti di diritti del calcio in chiaro, utili per alcune trasmissioni storiche come «novantesimo minuto» e la «Domenica Sportiva» (quest'ultima in aperta concorrenza con Controcampo di Mediaset). Proprio su questi diritti è scoppiata nelle ultime ore la guerra tra la Lega Calcio e la Rai, che pensava di poter rinnovare il vecchio contratto. Anzi dalla Rai dicono di essere già d'accordo, dalla Lega il contrario al punto che è già stata indetta un'asta che dovrebbe chiudersi martedì prossimo. Sullo sfondo aperte accuse di scarsa neutralità sulla posizione di Adriano Galliani, presidente della Lega ma anche ex dirigente Mediaset e da sempre legato, attraverso il Milan, a Silvio Berlusconi. Che la posizione di Galliani, in primo luogo come presidente di Lega, sia anomala è fuori di dubbio. In questa sede ho più volte sostenuto che la presidenza della Lega avrebbe dovuto essere affidata a un dirigente professionista di altissimo livello, sul modello delle leghe americane degli sport più importanti. Questo per dire che i sospetti dei dirigenti Rai hanno un fondamento e una giustificazione. Per contro bisogna anche che alla Rai capiscano che i tempi del monopolio sono finiti e che sia legittimo che la Lega (Galliani o non Galliani) cerchi di sfruttare a proprio vantaggio la concorrenza che si è determinata e che è stata ingigantita o inasprita dalle recenti vicende che hanno avuto per oggetto i mondiali di calcio. Questi sono stati assegnati per il 2006 a Sky e recuperati prontamente dalla Rai per il 2012 ed il 2016. Poi c'è stata la battaglia per la Champions, che per qualche anno è stata di Mediaset e che la Rai ha riconquistato con un'offerta che Piersilvio Belusconi ha giudicato fuori mercato. Insomma lo scenario è completamente cambiato ed è necessario che lo capiscano sia i protagonisti (Rai, Lega, operatori televisivi) che l'opinione pubblica. Il calcio in chiaro non è un diritto divino e nemmeno un'esigenza primaria, come il prezzo del pane. In linea generale a me la concorrenza piace e credo anche che sia utile, vediamo cosa succede martedì, sempre che non ci siano colpi a sorpresa nelle ultime ore.