Troppe lusinghe per il giamaicano che ha tradito Roma
Ne scrivemmo bene anche perché il nome di quel ragazzo, Asafa Powell, aveva avuto il merito di cancellare dall'albo dei primati il nome imbarazzante di Tim Montgomery, sospettato per le sue disinvolte frequentazioni farmacologiche. Qualche giorno dopo il primato di Atene, causò allarme l'annuncio di un leggero infortunio occorso a Powell durante le selezioni nazionali allestite a Kingston in vista dei Mondiali d'agosto. Ne continuammo a scrivere bene quando l'allarme fu nei giorni successivi metabolizzato, ed Asafa, accompagnato dal tecnico e suggeritore Steven Francis, giunse a Roma, chiacchierando amabilmente con la stampa e promettendo una grande gara per la serata dell'8 luglio. Poi, in luogo di fermarsi nella capitale e tutelare al massimo integrità fisica e condizioni di forma, l'atleta seguì chimere nordiste e lusinghe d'ingaggio per uno scomodo trasferimento, da spettatore di riguardo, al meeting di Padova. Solo alla vigilia del Golden Gala tornò ufficialmente a galla il malanno. Tuttavia, «va sempre meglio, dovrei farcela, e sarà una grande gara». Di quanto in realtà potesse farcela s'è avuta conferma solo ieri a metà mattinata, con l'annuncio del ritiro. Ora, il sospetto: non è che nella testa del ragazzo, cui ad ogni incontro non è mai stato risparmiato, con tediose ripetitività e con ostentazioni da sottoprodotto culturale, prima d'ogni dato tecnico, il riferimento alla sua passione per Totti, all'incontro in aeroporto con il calciatore, all'autografo richiesto e concesso, alla maglia numero dieci, alla speranza di avere l'idolo romano nella serata atletica all'Olimpico, sia tutto sommato maturata la convinzione che gli italiani, a guisa d'allocchi, potessero essere presi sotto gamba, o, con minore eleganza, per i fondelli? Era già accaduto (Rino Tommasi, maestro della disciplina, ne è buon testimone) in molte occasioni nel tennis, quando fior di campioni ingaggiati per gli Internazionali romani si limitavano ad annusare l'odore dei pini del Foro Italico prendendo subito dopo al volo il primo aereo disponibile, spesso prenotato in anticipo. Ora, sia pure con qualche diversità, è accaduto in atletica. Che serva da lezione. E soprattutto, se un Powell qualsiasi dovesse riaffacciarsi dalle nostre parti, ci si astenga, per carità umana, dal chiedergli delle mutande di Totti e del suo viaggio di nozze.