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Powell il «pigro» prenota RomaIl primatista mondiale dei 100 metri verso il Golden Gala: «Voglio vincere davanti a Totti»

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Dell' Italia e della capitale dice una gran bene. Quarta occasione, dalla prima del 2002. A metà dello scorso mese di giugno, Asafa Powell ha reso felici papà William, mamma Cislyn, tre fratelli, una ragazza di nome Kerry ed i due milioni e mezzo di abitanti che fanno della Giamaica, a partire dai Giochi del 1948, con Arthur Wint ed Herbert McKinley, prime medaglie olimpiche nella storia dell'isola delle Grandi Antille, il paradiso della corsa veloce. Vita sottile, fisico imponente tuttavia immune da sovraesposizioni sospette, Powell rappresenta l'ultimo, fenomenale prodotto naturale delle centinaia di migliaia di antenati trasferiti oltre oceano, a cavallo del Settecento, come carne da macello, dalle coste occidentali dell'Africa. Fra sei giorni, sarà il personaggio più atteso sulla pista dell'Olimpico. «C'è veramente molta attesa? Bene, sono qui per non deludere chi verrà allo stadio. Se poi all'Olimpico ci sarà anche Francesco Totti, ancora meglio. Io sono suo tifoso, e so che lui è stato felice del mio primato. Spero veramente di incontrarlo. La prima volta, all'aeroporto di Fiumicino, non sapeva neanche chi fossi». Il 26 giugno, a Kingston, nelle selezioni per i Mondiali del prossimo agosto, Powell ha chiuso la sua prova con uno stiramento all'adduttore inguinale destro. «Mi sto curando. Sto bene. Starò meglio nei prossimi giorni. In tempo per l'8 luglio». Quando s'apre al sorriso, Asafa Powell esprime sincerità, anche quando dichiara senza pudori che la pigrizia è la sua caratteristica. «Si, sono pigro. Ma solo fuori gara. A svegliarmi provvede quel signore». Il signore è Steve Francis, tempo addietro modesto discobolo, ora mentore, fratello maggiore e controllore delle gambe più preziose dell'umanità. «Si, Asafa rasenta l'indolenza, ha bisogno di stimoli. L'importante è che poi corra velocemente. Siccome è un bravo ragazzo, con genitori esemplari alle spalle, saprà sicuramente trarre frutto dallo straordinario patrimonio che la natura gli ha regalato. Ed io sono qui perché ciò avvenga». Dunque, caro Asafa, veloce in pista e pigro fuori? Tutto qui? «No. Sono normalissimo in tutto. Sono spiritoso. Amo divertirmi. Mi piace ballare. Adoro cantare e suonare. Lo faccio anche in chiesa, dove papà William governa ottanta fedeli della Redemption National Church. Suono chitarra e batteria». A Roma avrà grandi avversari. «Rispetto tutti. Ma quando corro vedo solo lo spazio che mi divide dall'arrivo».

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