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Quei regolamenti incomprensibili

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Per oltre quattro lustri la massima competizione automobilistica è stata gestita con il pugno di ferro dal geniale Bernie Ecclestone, un autocrate che in pratica diceva ai proprietari dei teams: io governo come meglio credo, in compenso voi guadagnerete montagne di dollari. Così la Formula 1, che negli anni Settanta era uno sport di nicchia, è cresciuta con progressione geometrica, fino a diventare un evento secondo soltanto ai mondiali di calcio e alle Olimpiadi. Oggi, però, la situazione è del tutto cambiata. Innanzi tutto ci sono le banche, divenute per una serie di circostanze l'azionista di riferimento della società che detiene i diritti commerciali della Formula 1, limitando il potere di Ecclestone, il quale, fra l'altro, ha compiuto 75 anni e probabilmente non ha più la determinazione di un tempo per far valere la sua legge. In questo contesto, poi, dal 2003 ha avuto inizio un balletto regolamentare senza precedenti, il cui intento principale era quello di mettere fine al predominio della Ferrari. In questo modo si sono affastellate norme su norme, alcune talmente assurde, come quella dell'assegnazione della pole position la domenica mattina, da essere riviste nel corso della stagione. I mali sono sin troppo evidenti: regolamenti incomprensibili, eccesso di tecnologia, tale da avere superato ogni limite in quella che viene definita la «guerra della gomme» e che è stata alla base del Gran Premio farsa di domenica scorsa. È chiaro che così non si può andare avanti e urgerebbe un serio tavolo di trattative, in cui l'interesse generale prevalga su quello dei singoli, senza ripicche, senza sciocche prese di posizioni, evitando che la Federazione sia costretta a prendere decisioni di compromesso, che alla fine non giovano alla buona salute della Formula 1. Ritrovare la concordia è, dunque, il principale obiettivo ed è un peccato che non sia più in vita un personaggio carismatico quale Enzo Ferrari, uomo durissimo nelle trattative, ma spesso capace di trovare un felice punto di incontro con i suoi interlocutori. Ciò non toglie che, se ne avesse il tempo fra i suoi molteplici impegni, anche l'attuale numero uno di Maranello, Luca di Montezemolo, avrebbe le doti per assurgere al delicato ruolo di ago della bilancia. Con tanta pazienza e altrettanta buona volontà non gli mancherebbero gli argomenti per ricondurre alla ragione i suoi compagni di cordata, ricordando che la Formula 1 deve buona parte del successo alla Ferrari, scuderia che, grazie ad una storia unica, coagula l'interesse del popolo degli autodromi, ormai allargato alla planetaria platea televisiva.

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