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di SIMONE VITTA INDIANAPOLIS — Addio America? A 24 ore dalla corsa-beffa di Indianapolis, è difficile ...

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E che sia comunque facile rimettere insieme i pezzi di un giocattolo frantumato da lotte sempre più virulente. Eppure appena una settimana fa a Montreal Flavio Briatore parlava di espansione a Las Vegas. Eppure quest'anno, il sesto del circo di Bernie Ecclestone nel catino di Indy, la f.1 aveva fatto il pienone: oltre 130.000 gli spettatori e senza l'effetto novità. Stavolta erano stati gli americani a decidere di venire a vedere Schumi, Raikkonen, Alonso e compagnia bella. Hanno preso le ferie e speso mediamente 2.000 e passa dollari a testa (tra albergo, viaggio, pasti e biglietti) per vedere una corsa. Non ci sono riusciti. C'è un futuro per la formula 1 nella terra che da quasi mezzo secolo cerca invano di conquistare? «Certamente è stato un grande passo indietro» ha scandito il presidente operativo della IMS, la società proprietaria del circuito, Joie Chitwood. Scatterà una richiesta di risarcimento? «Prima vogliamo valutare la situazione, risponderemo tra un paio di giorni. Ma siamo monumentalmente delusi, perchè negli ultimi cinque anni ci siamo molto impegnati per la formula uno. Non credo che quello che è successo possa aiutarla a prosperare». Tra Indianapolis e la formula uno c'è ancora un anno di contratto, ma la figuraccia di ieri può avere ripercussioni enormi: economiche, politiche e commerciali. Ieri la Fia ha convocato le sette sorelle tra nove giorni a Parigi. Facile immaginare che scatteranno sanzioni per il ritiro di massa a Indianapolis. Renault, McLaren-Mercedes, Williams- Bmw, Bar-Honda (già sotto condizionale per l'irregolarità scoperta a Imola), Toyota, Red Bull e Sauber ieri si sono difese con un comunicato comune. Ma insieme alle sette scuderie sul banco degli imputati c'è la Michelin. La Fia ha preso posizione con un lungo comunicato pubblicato sul suo sito. Sottolinea come non più tardi del primo giugno il presidente Mosley avesse raccomandato che «le gomme devono essere costruite in modo da essere affidabili in tutte le circostanze». Poi sostiene che «piuttosto che boicottare la gara le squadre Michelin avrebbero potuto concordare di correre a velocità ridotta nella curva 13». Ma sotto accusa c'è anche il regolamento prodotto dalla stessa Fia. «Servono regolamenti chiari» dicono in Ferrari. E sembra l'inizio del brusco risveglio dopo l'incubo di Indy. Intanto Briatore propone di tornare a Las vegas visto che ormai c'è aria di sfratto da Indianapolis. Ma la stampa Usa boccia ormai in modo definitivo la Formula Uno.

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