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La sindrome di Paperino

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Fa bene Pradè, persona squisita, a provare a tenere alto il morale dei suoi ragazzi, sicuramente al di sotto del livello del suolo dopo la batosta di domenica notte, però è bene riflettere sui numeri e soprattutto sui ricordi storici, ai quali la Roma dell'ultima stagione si è puntualmente riferita, altrettanto puntualmente in chiave negativa. Troppo facile, naturalmente, pesare le reali possibilità della Roma sul campo dell'Inter, dove la tradizione è addirittura crudele nei suoi confronti, perché le cifre sono impietose e soprattutto non mentono. Nelle ultime tredici giornate di campionato l'Inter ha messo insieme ventinove punti, che anzi vanno riferiti a un turno in meno, visto che nella prima di queste tredici partite era arrivata la sconfitta nel derby. Nello stesso periodo, dunque più o meno da metà febbraio, i punti conquistati dalla Roma sono stati sei, appena sufficienti a garantire una sofferta salvezza, dunque quasi due punti di scarto a partita, a significare quanto a senso unico si dovesse ritenere il pronostico di questa doppia finale di Coppa Italia. Ma quando si parla di ricorsi storici non è tanto ai numeri che occorre fare riferimento, quanto agli atteggiamenti che in ogni occasione hanno pesantemente penalizzato la Roma. Già il segno negativo rilevante era dato dalla condizione fisica, mezz'ora di autonomia e qualche spunto interessante, poi gambe incapaci di rispondere alle sollecitazioni. Un gap atletico fin troppo vistoso, nei confronti delle altre squadre, ma anche un tono psicologico allarmante. L'assoluta incapacità, in sintesi, di manifestare sia pure per una sola volta una reazione accettabile di fronte alla prima disavventura. Preso un gol, la Roma sembra dissolversi, una sorta di resa al destino, la persecuzione che tormenta Paperino lo sfortunato e regala a tutti gli altri il privilegiato ruolo di Gastone. Ed è singolare come uno spogliatoio in grado di proporre per tutta la stagione esibizioni di personalità fin troppo accentuate, come i persistenti storici, l'indisciplina, l'insofferenza, si adegui poi alla rassegnazione più molle e più difficilmente spiegabile. Quando il bolide di Adriano ha sorpreso Curci, la Roma è virtualmente tornata negli spogliatoi, lasciando il campo all'Inter, prima ancora che il raddoppio segnasse la fine dell'avventura. Non so quanto peso abbia avuto, su questo dato sconcertante, il susseguirsi di allenatori professionisti o improvvisati, e forse anche la non assidua presenza della società da qualche mese a questa parte. Mi dicono vi sia anche uno psicologo al lavoro, a Trigoria: certo, il suo stipendio non dovrebbe essere usurpato.

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