Gravi e ingiustificate le pressioni dei tifosi
È di ieri mattina una contestazione, a Villa Pacelli, contro l'ingaggio del tecnico toscano, del quale un gruppo di tifosi ha preferito ricordare i pochi insuccessi in carriera, incidenti di percorso dai quali nessun allenatore è stato immune, piuttosto che lo spettacolo e i risultati regalati alla guida dell'Udinese nella stagione appena compiuta. E le invocazioni a Zeman avevano un acre sapore di faziosità visto che il boemo, tecnico che personalmente ammiro e stimo, non è che nel suo cammino calcistico abbia calpestato soltanto tappeti di petali di rosa. Dietro a tutto questo è fin troppo facile intravedere una fastidiosa invadenza di un certo tifo organizzato e soprattutto strumentalizzato dai capipopolo: gli stessi, ricordiamo, che avevano firmato una delle pagine più nere del calcio romano, quel derby premeditatamente interrotto, quasi a voler conclamare l'intento di poter ricattare le società per trarne vantaggi non proprio limpidi. Intendiamoci, il tifo ha tutto il diritto di valutare l'operato dei dirigenti: però una volta che questi abbiano portato a termine il loro compito, delineando orizzonti precisi per la stagione futura. Anche la critica ha doverosamente espresso le sue perplessità di fronte a un panorama di mercato che lascia intuire partenze importanti, magari anche giustificate da esigenze di bilancio, ma non in linea con i propositi di costruire intorno a Francesco Totti, romanista a vita, una squadra non estranea ai traguardi ambiziosi delle stagioni recenti, ultima esclusa. Però è anche corretto attendere che il quadro sia definito, dal tecnico all'organico, prima di avventurarsi in previsioni che in realtà potrebbe smentire. sono arrivati due giocatori di buon valore, quel Kuffur che il calcio italiano ha conosciuto a Torino prima di trovare fortuna in Baviera, e quel Taddei che con il ghanese ha in comune il vantaggio di essere vincolato, dunque a costi accettabili. E per ora sono ancora in giallorosso il gioiello Cassano, ma anche Chivu, Mancini e De Rossi, un paio dei quali forse partiranno e forse no. Dicevo dunque del diritto del tifoso al disaccordo con i programmi societari, non alla contestazione di piazza, che suona spesso come pressione non soltanto indebita, ma perfino interessante. Il normale tifoso, che non si lasci irregimentare da chi pretende di partecipare illecitamente alla gestione del potere societario, può esprimere il suo dissenso soltanto evitando di sottoscrivere l'abbonamento, al limite di non comprare il biglietto per le partite. È il solo tipo di protesta, se così la vogliamo definire, che una città e una società civili possano ammettere.