Alla Juve un campionato da matti
Più o meno è così, inutile nasconderlo. Una repubblica che quest'anno ha vissuto momenti di schizofrenia pura: dimenticando per un attimo, anche se risulta difficile, le tristi domeniche caratterizzate da violenza e incidenti vari, basta dare un'occhiata alla classifica per rendersene conto. La lotta per non retrocedere è più che mai aperta, le squadre coinvolte sono tante per non dire tantissime, i giochi fatti sono molto pochi. Tutto può ancora succedere, tranne che la Juve perda lo scudetto: se questo accadesse, sarebbe l'evento più clamoroso del calcio moderno. Non accadrà, comunque. E la Signora vincerà il suo ventottesimo titolo alla grande, dopo essere stata in testa dalla prima all'ultima giornata. Mai seconda, la squadra di Capello: al massimo, affiancata dal Milan. Ma mai sorpassata. E venerdì, se i rossoneri non dovessero battere il Palermo, sarebbe scudetto in poltrona: altra cosa mai verificatasi nel calcio moderno. Un precedente in realtà c'è e riguarda proprio la Juve, nell'anno di grazia 1905: cento anni fa, primo titolo conquistato e squadra che riposava mentre Unione Sportiva Milanese e Genoa pareggiavano. Altro calcio, altro tutto. Ai giorni nostri, pur nell'era della televisione, degli anticipi e dei posticipi e di tutto quello che volete voi, non si era ancora mai verificata una possibilità del genere. Potrebbe essere un altro record, ancora una volta con la Juve protagonista. Juve che fa sempre rima con Del Piero: il suo uomo simbolo che, a proposito di schizofrenia, ha invece rappresentato una costante. Non nel senso che avrebbe voluto lui, anche se a fine stagione il suo rendimento si è stabilizzato sul medio-buono. La costante sono state le infinite sostituzioni cui lo ha chiamato Capello: addirittura 28, venti tra i nostri confini e otto in Europa. Eppure, tredici gol non sono pochi e molti di questi sono stati decisivi, vuoi perché hanno sbloccato il risultato e vuoi perché lo hanno fissato. Poi, a volere essere pignoli, basta dare un'occhiata allo score di Pinturicchio e metterlo a confronto con altri uomini squadra per rendersi conto di quanto il numero dieci bianconero abbia influito sul bilancio della squadra. In casa Milan, Kaka è sembrato per larghi tratti la pallida copia del giocatore che l'anno scorso aveva trascinato i rossoneri allo scudetto, mentre Shevchenko, pur con l'attenuante del grave infortunio di fine febbraio, è andato a corrente alternata (tre gol nelle ultime sei gare). Francesco Totti ha vissuto una stagione travagliata come quella della Roma, finendo travolto dalla crisi giallorosa: senza considerare l'ultima squalifica, dopo aver raggiunto il record di gol di Pruzzo, il capitano si è fermato e il suo ultimo gol risale al 20 febbraio (in totale: 12 reti di cui 3 su rigore). E Adriano? Un avvio travolgente, certo, poi lo stop: 14 reti nelle prime 14 gare di campionato, poi il nulla. L'ultimo gol su azione della punta nerazzurra risale al 4 dicembre, addirittura. Del Piero invece è venuto fuori alla grande proprio nel momento più importante del campionato: l'assist in rovesciata per Trezeguet nel match scudetto di San Siro e il gol che ha reso facile la gara con il Parma portano il suo marchio. E se le sostituzioni sono state tante, si può anche guardare il rovescio della medaglia: ovvero il fatto che Capello lo ha messo in campo dal primo minuto praticamente ogni volta che ha potuto, «facilitato» nella scelta anche dai tanti ko di cui è stato vittima Trezeguet. Il cambio di domenica, poi, ha avuto un sapore tutto particolare, con la standing ovation che il pubblico gli ha riservato: tutti per lui e per Ferrara, eroe da 500 partite in serie A. Adesso, non resta che attendere: oggi la squadra riprenderà la preparazione con un sorriso largo così, lo scudetto per trequarti appuntato sul petto e il desiderio di sedersi in poltrona venerdì sera per vedere l'effetto che fa. E, se il Milan vincerà, Del Piero e compagni andranno a Livorno per chiudere subito la pratica: tre punti