Il meno colpevole rimane Del Neri
Con indifferente complesso di superiorità, si è andati avanti fino a toccare primati storici insospettabili, quasi tre mesi dall'ultimo appuntamento con la vittoria, due punti in dieci turni di campionato, un'ulteriore sconfitta sul campo dimenticata perché comunque in grado di produrre il passaggio alle semifinali di Coppa Italia. Un piccolo traguardo, che però ora viene a presentare il conto nel momento più delicato della stagione, visto che, in attesa del gelido derby domenicale, domani scenderà all'Olimpico l'Udinese per contendere alla Roma la finale del secondo trofeo nazionale, per quel poco che possa contare. Per i friulani, che domenica attendono la Sampdoria per un ben più ambizioso obiettivo, quel quarto posto che significa Champions League, l'impegno infrasettimanale diventa chiaramente di secondo piano. Non lo sarebbe, teoricamente, per una Roma che proprio attraverso la Coppa Italia potrebbe ritrovare l'Europa nella prossima stagione, e sia pure nella versione meno nobile. Ma le attuali esigenze di campionato diventano di colpo più importanti di quelle dell'Udinese, senza mettere in conto un piccolo particolare: contro questa Roma, ci si può permettere di dare largo spazio alle seconde linee senza il timore di dover soffrire troppo. Mai nella storia, almeno in questa recente che l'aveva vista ai nastri di partenza nel ruolo di eccellente comprimaria ma più spesso di affidabile protagonista, la Roma aveva vissuto un più infelice periodo, che i numeri illustrano nella maniera più crudele. E così si tornano a studiare le cifre, a considerare quanti piccoli o grandi vantaggi potrebbe essere in grado di produrre il susseguirsi di scontri diretti tra le aspiranti alla salvezza. Che la Roma sia capace di sottrarsi con i propri messi all'abisso che le si è spalancato davanti ai piedi, è ipotesi che neanche i più romantici tra i tifosi sono ulteriormente propensi a prendere in considerazione. E dunque sottili calcoli sui soldini degli altri, ultimi ghostbusters in grado di esorcizzare gli spettri che i risultati minacciano di materializzare. Inutile, a questo punto, ripercorrere il cammino degli errori a tutti i livelli perpetrati dall'estate a oggi: il meno colpevole, forse, il solo vero allenatore che si sia seduto in panchina, nessuna responsabilità specifica potendosi attribuire a Voeller e Conti, immolatisi per troppo amore. Del Neri, dunque, che avrebbe portato a termine dignitosamente la stagione e avrebbe potuto costruire, lavorando in estate secondo programmi, un meno labile futuro. Ha dovuto mollare, con grande eleganza e rinunciando a un bel mucchio di soldi, perché di fronte a una sorta di linciaggio mediatico incomprensibile la società non gli ha offerto un pur minimo sostegno. E del resto sarebbe stato difficile attendersi atteggiamenti più severi e decisi, una volta sparito il solo punto di riferimento per buoni e per ribelli, che era stato Franco Baldini. Con queste agghiaccianti premesse la Roma si avvicina a un derby che per alto non più ridente approccio offre ai suoi rivali, forse vittime di superficiale appagamento fino a soffrire tre batoste a seguire. Il termine «paura» è il solo ad accompagnare, nella lunga onda mediatica, questa così anomala stracittadina, perfino più deprimente, nelle premesse, di quelle che si giocavano per raccogliere un punticino, ma soprattutto per non avvilire ulteriormente le rispettive tifoserie, già con e lacrime agli occhi. Si sarebbe pensato, soprattutto sulla sponda romanista afflitta da bilanci grami ma non come quelli dei concittadini, che domeniche simili il tifo romano non avrebbe dovuto mai più viverle. Già la consapevolezza di doversi battere per ritagliarsi un posticino al sole è sentimento che parla di sconfitta: in tutti i sensi, anche gua