Dalla riforma internazionale nasce il Pro Tour: 27 gare con 19 team
Il ciclismo
La riforma, nei suoi punti cardine: l'Unione Internazionale Ciclismo (Uci) ha scelto un gruppo di 27 gare dal calendario professionistico; naturalmente ci sono le più prestigiose, le più ambite, le più importanti (dal Tour al Giro, dalla Sanremo alla Roubaix passando attraverso tutte le «classiche monumento»). Ma ci sono anche altre corse (nella tabella a fianco l'elenco completo) che niente hanno a che spartire con queste, in termini di blasone. Già, perché l'Uci ha badato molto a preservare dei criteri geopolitici nelle sue scelte. E quindi ecco comparire nel calendario del Pro Tour giri di secondo piano (quello di Polonia, fin qui frequentato solo dalle terze schiere del gruppo), o addirittura gare create dal nulla: non c'era spazio per Giro del Belgio, Giro d'Olanda e Giro del Lussemburgo tutti insieme? Inventiamoci un Giro del Benelux, che accontenti tutte e tre le nazioni. La cronosquadre è un esercizio boccheggiante? Rivitalizziamolo con una specifica prova in Olanda. La presenza di tali corse (a fronte — per esempio — dell'assenza di un Giro del Lazio, di tutt'altra storia e prestigio) è resa ancora meno legittima dalla distribuzione dei punti per le singole prove decisa dall'Uci. Il vincitore del già citato Giro di Polonia guadagnerà nel ranking tanti punti (50) quanti quelli incassati dal vincitore di una Sanremo o di una Roubaix. I puristi giustamente ululano, vista l'equiparazione tra corse che valgono una carriera e corsette di provincia, ma l'Unione Internazionale va avanti decisa. E assegnerà una maglia ad hoc (bianca con motivi blu) a chi guiderà la classifica del Pro Tour (scompare, contestualmente, la Coppa del Mondo). Le 27 gare del calendario internazionale saranno obbligatoriamente e per diritto frequentate da 19 squadre di prima fascia (anche queste evidenziate nel boxino a lato). In questo modo si vogliono ottenere due risultati: spingere i corridori più forti (quasi necessariamente ingaggiati dalle 19 squadre Pro Tour) a scontrarsi più volte nel corso della stagione; e dare una certezza ai 19 sponsor di potersi giovare, per i loro investimenti, dei palcoscenici più importanti, lasciandosi alle spalle l'aleatorietà dovuta all'invito da parte degli organizzatori delle gare (fatto che ha limitato negli ultimi anni l'attività di un Cipollini piuttosto che del povero Pantani, non invitati al Tour per quattro e tre anni di fila). Naturalmente Lance Armstrong non correrà il Giro d'Italia (ha i suoi motivi, non ultimi quelli di natura giudiziaria dovuti al caso Simeoni), e potrà continuare — come ha sempre fatto — a concentrarsi solo sul Tour. Ma le grosse squadre straniere qualche uomo di punta dovranno pur mandarlo alla corsa rosa, e quindi si profila per il Giro una lista di partenti un po' più nobile di quella avuta nelle ultime edizioni. Per il momento emerge poi chiara anche una forte volontà di combattere il doping. Le 19 squadre del Pro Tour hanno dovuto infatti firmare una Carta Etica che contiene alcuni punti qualificanti in questo senso. In breve: non varranno contratti basati sul raggiungimento di determinati risultati (per non spingere i corridori a tutto pur di vincere); dovranno essere chiariti i rapporti privati dei corridori con eventuali preparatori personali (esempio: Armstrong col famigerato Ferrari); è prevista la sospensione immediata — senza attendere le controanalisi — di un corridore risultato positivo a un test; è altresì previsto il licenziamento di un corridore confermato nella positività (e quel ciclista non potrà essere ingaggiato da squadre Pro Tour, né correre gare del circuito per ben 4 anni). I primi riscontri della riforma