Il bilancio della stagione giallorossa dal secondo posto di Capello all'arrivo di Del Neri
Le quattro facce del 2004
Ce ne vogliono due, di bilanci, per esaminare con il dovuto distacco il periodo che, dai travagli dell'estate ha portato la squadra alla sosta invernale, attraverso alti e bassi, fino a consegnarle una posizione ancora non illustre, però dignitosa, e un futuro di non labili promesse. Il consuntivo stagionale, tutto relativo, va necessariamente suddiviso in due fasi, nella prima delle quali è stato il segno negativo a prevalere nettamente, fino ad assumere proporzioni inquietanti, mentre nella seconda fase ha preso il via la risalita che ha consentito, se non altro, una chiusura in pareggio, probabilmente al disotto delle aspettative della vigilia ma con segni confortanti in prospettiva. Dall'estate in poi, per qualche mese tutto è letteralmente precipitato, dopo che le dolorose partenze di Emerson, Samuel, Zebina e Lima avevano lasciato in eredità un progetto di ricostruzione incoraggiante, affidato a un tecnico di valore ma anche di straordianariamente motivato per questo tipo di avventura, come Cesare Prandelli. Ci si è messo il destino, a vanificare sul nascere questo programma societario, prima ancora che si fossero poste le basi per tradurlo in pratica. Al via del campionato si è presentata una squadra priva dell'insostituibile supporto della preparazione estiva, dopo che il tecnico uscente le aveva caricato sulle spalle l'ulteriore peso di una tournée estenuante, prima di affidarsi alle braccia di quella sirena juventina a parole sempre disprezzata. A questo punto è mancata, da parte dei club, la capacità di gestire lucidamente l'emergenza, come se un allenatore vero costituisse una presenza ingombrante più che un'esigenza prioritaria. La mozione degli affetti, che ha portato Rudi Voeller sulla panchina giallorossa, è stata un'operazione destinata al fallimento. Grande lo spessore umano del tedesco, senza limiti l'amore del tifo nei suoi confronti, assolutamente zero la reale esperienza nel ruolo nuovo, ben diverso da quello di un commissario tecnico. Si è puntato, per una sorta di autogestione affidata ai leader carismatici, su un'unità di spogliatoio che in realtà non esisteva, malumori e capricci mascherati in passato dalla capacità di gestione che a Capello non può essere negata e soprattutto dai risultati. Quando si è compreso che una guida tecnica doveva comunque essere individuata, la scelta di Del Neri è stata senza dubbio felice: ma i guai non erano finiti perché, anche in presenza di indisponibilità importanti, l'organico non era attrezzato per raccogliere il messaggio tradizionale di una filosofia tattica particolare, quella che aveva portato il Chievo all'attenzione di tutti. Gigi Del Neri ha dovuto arrangiarsi, accantonando le personali propensioni per dedicarsi a un lavoro fatto di pazienza e di saggezza, trovando di fronte ad altri imprevisti ostacoli, come la rivolta di Cassano e Panucci. È stato bravo a non abbandonare la barca che presentava falle vistose, ha indirizzato al meglio il suo impegno riuscendo a ricucire gli strappi interni, restituendo armonia al gruppo e soprattutto convinzione nelle possibilità di riscatto. A quel punto, purtroppo, ricorrenti follie, di giocatori ma anche di teppisti più o meno illustri, avevano purtroppo già cancellato la Roma dall'Europa, delegando il suo futuro a un campionato che le consentisse di recuperare le posizioni perdute a livello internazionale. Impresa ardua, ma resa meno precaria da una classifica corta, adatta dunque a consentire recuperi importanti e in tempi non troppo dilatati. Dopo avere a lungo stentato a trovare la migliore disposizione tattica, in relazione alle disponibilità dell'organico ancora privo di pezzi importanti, Del Neri ha potuto così siglare sotto il segno dell'attivo l'ultima parte di stagione prima delle festività. Non soltanto per i dieci punti nelle ultime quattro partite, quasi la metà di quelli raccolti dalla Roma dall'avvio del campionato, ma per il materializzarsi di quelle promesse di bel gioco e di spettac