Agostino, un ricordo che gli anni non possono stemperare
Di ricordi, soprattutto di nostalgia e di rimpianti. Mentre la Nazionale di Arrigo Sacchi si accingeva ad affrontare l'avventura del Campionato del Mondo più anonimo e inaffidabile per evidenti motivi ambientali, Agostino Di Bartolomei decideva di farla finita. Troppo stanco, troppo avvilito, troppo sensibile, per combattere ancora con un mondo, il mondo da lui più amato, che lo aveva blandito e lusingato prima di chiudergli bruscamente in faccia ogni porta aperta sul futuro. Un colpo al cuore, non soltanto al ragazzo non ancora quarantenne che troppo amore aveva regalato ben poco ricevendo in cambio, ma anche a tutti coloro che ad Agostino erano legati da affetto sincero e profondo. Della sua amicizia, mai volta a secondi fini spesso cari a chi mantiene rapporti con l'altra parte della barricata professionale, sono stato gratificato fin dal primno irrompere di Di Bartolomei sulla scena del grande calcio. Per affinità nelle valutazioni e nei giudizi su un mondo contraddittorio e dal volto ambiguo, per comuni indirizzi anche culturali, forse anche per naturale simpatia. Nel suo ambiente professionale, così disposto a privilegiare la superficialità e gli interessi più banali, Agostino era tacciato, talvolta, di musoneria, addirittura di fastidiosa supponenza. Facile individuare le cause di questo atteggiamento, nell'anomalia di comportamento del capitano romanista all'interno del gruppo, fosse quello della Roma o più tardi del Mialn, anche quello della Nazionale cadetta, la sola della quale abbia fatto parte, forse per la sua renitenza a ingraziarsi i centri di potere. Nei raduni, quando gli altri si avvilivano ai tavoli della briscola o del tressette, Agostino si appartava, intento alla lettura dei prediletti libri su arte moderna o architettura, concedendosi magari visite culturali in una città straniera ricca di attrattive che i suoi compagni non avrebbero degnato di uno sguardo. Con gli amici, posso assicurarlo, Ago era un compagnone di straordinaria simpatia, con un senso dell'umorismo di rara finezza, con una capacità straordinaria di dispensare e ricevere affetto. Ricordo una vacanza al mare, in quel San Marco di Castellabate che ha segnato l'ultima tappa della sua vita così intensa e purtroppo così breve. Raramente ho vissuti giorni così sereni, così divertenti, ma anche così ricchi di risvolti umani importanti. Sono giorni che conservo nella memoria, come il volto di un amico carissimo. E con l'identico affetto vorrei dedicare ancora un abbraccio a Marisa, a Giammarco, a Luca, vicino al loro cuore in un ricordo che gli anni non possono stemperare.