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di MARCO GRASSI ALESSANDRO Petacchi ha tutto più dei suoi rivali dello sprint: una potenza ...

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Molto di tutti e tre i fattori appena elencati è stato visto ieri nell'ottava tappa, la Giffoni Valle Piana-Policoro. Il profilo altimetrico, seppur punteggiato da qualche saliscendi, lasciava intendere che non ci sarebbe stato epilogo diverso dallo sprint di gruppo. Ma naturalmente una fuga da lontano non si nega a nessuno, e quindi al km 52 sono partiti in cerca di fortuna Alessandro Bertolini, Piccoli, Perez Cuapio, Durand e Velo. Una trentina di chilometri dopo, sui cinque si è portato anche Perez Arango, che era fuoriuscito dal gruppo insieme a Renzo Mazzoleni (a sua volta poi ripreso dal plotone). Ma tra i sei il rapporto non è stato mai idilliaco, a causa della presenza di un intruso. Quell'intruso era Velo, compagno di squadra di Petacchi, lanciato in avanti per permettere alla Fassa Bortolo di non consumarsi nell'inseguimento, come fa ogni volta che all'orizzonte c'è uno sprint. In effetti il gruppo era tirato da altri team (la Formaggi Pinzolo per Quaranta, per esempio), e i Fassa hanno potuto rilassarsi in attesa della volata. Ma nella fuga (che ha raggiunto un vantaggio massimo di 7'05" intorno al km 115, quando Perez Arango era anche maglia rosa virtuale), Velo non ha mai collaborato, non tirando nemmeno per un metro. Ciò gli ha attirato notevoli improperi da parte dei colleghi che condividevano l'attacco con lui, epperò i manuali di tattica ciclistica ci dicono che il suo comportamento è stato impeccabile: tantopiù che quando Velo, complice una foratura, si è staccato dal plotoncino dei fuggitivi ed è stato ripreso dal gruppo, ha avuto la freschezza per svolgere il suo ruolo nel treno della Fassa. Terminata la fuga (l'ultimo degli attaccanti, Bertolini, è stato ripreso a 17 km dal traguardo), sono iniziate le grandi manovre in vista dello sprint. A dettare legge, naturalmente, gli uomini di Petacchi; la lotta, per i rivali dello spezzino, era tutta per mettersi alla sua ruota. Un errore di traiettoria di Tosatto (ingranaggio del treno biancoblu) alla penultima curva regalava un brivido, e Ongarato doveva fare gli straordinari e tirare per due. Il momento topico è stato ai 250 metri: Petacchi, alla ruota di Velo, sarebbe stato tranquillo per un altro po' prima di lanciarsi, ma ha visto che Pollack partiva spedito. E ha capito che non si poteva più indugiare: ecco il suo tempismo. Alessandro Dinamite è partito come una scheggia, si è bevuto il bravo Pollack (che è stato superato anche da McEwen e dal giovane e sorprendente Vaitkus) e ha infilato la sua quarta vittoria in otto tappe in linea al Giro. Una media stratosferica, addirittura superiore a quella tenuta l'anno scorso. E che potrà ulteriormente migliorare, visto che l'organizzazione ha abbondato, e da qui a Milano ci saranno almeno altre 6 frazioni riservate ai velocisti.

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