Vietato strangolare la Lazialità

Tutto qui resta precario o poco decifrabile, tranne l'immutato assalto sul campo ad ogni avversità, di cui l'epilogo vincente applaudito l'altra notte diventa metafora, dopo l'illusoria doppietta juventina. Quanti club, fra quelli lacerati e agonizzanti, avrebbero sublimato allo stesso modo la traversata del deserto che dura da due stagioni? L'accompagnamento dei diecimila tifosi, più l'entusiasmo quasi antelucano al loro ritorno, va oltre le dovute accoglienze che privilegiano chi sa centrare un obiettivo sportivo. Lo slancio racchiude stavolta vanto e paura, propositi di fedeltà (qualunque cosa accada!) e l'esigenza d'esorcizzare streghe spesso presenti, sotto varie forme, negli snodi laziali. Non esiste, ovunque, analoga partecipazione che prescinde addirittura dai guai dell'appartenenza, come spiegano bene quarantaduemila abbonati e il numero impressionante degli azionisti anonimi già fondamentali nel primo aumento di capitale. Né pare rintracciabile, nei nostri ricordi, una squadra responsabilizzata così dalle tribolazioni quotidiane, come precisa il quarto posto in campionato dell'anno scorso, abbastanza irriproducibile, domenica prossima, anche causa i troppi torti arbitrali sopportati. Poi, l'avanzata europea-2003, sul versante Uefa, bloccata solo dal formidabile Porto, ora finalista di Champions League. Poi, questo trofeo tricolore, l'ottavo per Roberto Mancini, mentre bisogna vagheggiare una sottoscrizione plebiscitaria da 188,6 milioni, con partenza il 24 maggio. Che salverebbe l'anima dell'organico memorabile, nonostante le amputazioni certe di Favalli e Stam, ultimi pilastri sacrificati al ridimensionamento obbligato. Che autorizzerebbe caute speranze di trattenere Fiore, Cesar, Corradi e perfino l'attuale allenatore, senza rassegnarsi agli umori morattiani e all'evidenza, su piazza, d'una grandezza tumulata. Ma le banche centellinano i soccorsi; anzi, imitano gli abbienti imprenditori ancora insensibili alla disperata lazialità, salvo ricavare immeritata pubblicità da promesse puntualmente naufragate. Lo specifica Matteo Arpe, amministratore delegato di Capitalia, annunciando che il suo gruppo non sarà garante della prossima ricapitalizzazione e porterà appena nove milioni. Cioè il 5,2 per cento dell'aiuto integrale, traguardo verso cui punterà prevalente la gente per consentire, fra molti impegni, l'espletamento rapido d'un condono fiscale secondo scadenze sostenibili. E Ricucci? E Ligresti? E Bnl? E i presunti santi, oggi latitanti? Orientata ad accettare circa trentacinque milioni dai diritti-Sky 2005-2007, la Lazio resiste aggregante lungo il suo calvario. Esibisce lo spirito ludico dei tempi andati, quando il football non procedeva falsato dal business. Strangolarla, uccidere le emozioni di questo biennio, sarebbe nefandezza imperdonabile. No, gli innamorati non s'arrenderanno.