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Il Puma merita comunque rispetto

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Anche se era abbastanza facile prevederlo, il ritorno del sole a illuminare il mare di Palermo era un invito alla gita primaverile assai più che a una partita di calcio, da onorare nonostante la stagione non offrisse più un solo, misero stimolo. Dispiace, però, che la Roma sia stata accomunata, nelle chiacchiere della domenica sera, al Milan andato a consegnarsi, mani e piedi legati, a una Reggina protesa verso il traguardo della salvezza. Del resto, come poteva permettersi di privilegiare la Reggio settentrionale, alla quale anni fa aveva regalato la permanenza in Serie A in un'autentica farsa, rispetto alla cugina dello Stretto? Però una distinzione è doverosa, tra il Milan sceso in Calabria con seconde linee, molte delle quali avevano vissuto la stagione ai margini, e una Roma comunque molto più rispettosa dell'etica e dei regolamenti, avendo mandato a Palermo la sua formazione titolare, con la sola eccezione del portiere. È anche vero che le cose sono cambiate, e non in irrilevante misura, da quando i regolamenti imponevano che ogni impegno fosse affrontato utilizzando tutti i migliori giocatori a disposizione. Questo era spiegabile, negli anni in cui le rose dei titolari raramente erano composte da più di quattordici o quindici elementi. Adesso, la dilatazione degli organici consente di poter considerare titolare anche chi frequenta più spesso la panchina che il terreno di gioco. Ma è anche vero che la Roma ha comunque rispettato l'obbligo di non concedere vantaggi, almeno in partenza, con la rinuncia ai suoi campioni più illustri. Tutti in campo, alla Favorita, e nonostante questo assenti, senza giustificazione. Forse rientra nella logica che venisse a mancare un accettabile spirito combattivo, ma la vocazione alla resa è risultata fin troppo evidente e fastidiosa. Come se questi bravi ragazzi avessero del tutto dimenticato che un ulteriore traguardo stagionale era a portata di mano. Che sarebbe stato insomma possibile, vincendo le ultime due partite in calendario, superare la soglia di quei settantacinque punti che, nell'anno del più recente scudetto, avevano costituito un record assoluto, record che soltanto l'incredibile Milan attuale è stato in grado di polverizzare. Peccato, soprattutto, che il penoso arrancare dell'intera squadra di fronte al Perugia giustamente motivatissimo, abbia coinvolto, portandolo impietosamente all'attenzione, il passo di addio di Samuel ed Emerson, alla quasi unanimità indicati in partenza. Così da fornire esca a quella sorta di linciaggio innescato dalla parte più becera dell'informazione locale, soprattutto nei confronti del brasiliano. Sembra che siano lontane anni-luce, nella memoria meno votata all'onestà, le partite giocate da Emerson con una spalla fuori posto, con un ginocchio ballerino, con una caviglia ammaccata: senza mai rivendicare, per questo, meriti particolari. Illustrando anzi sul campo l'attaccamento a questa maglia e a questa società, che egli stesso aveva fortemente voluto quando sulla strada del suo arrivo a Roma erano stati posti ostacoli vistosi. Non so ancora se Emerson andrà via davvero, anche se i segni indicativi, in negativo, ci sono tutti: penso comunque che, come professionista e come uomo, il Puma abbia diritto al massimo rispetto da parte di tutti, quale che possa essere la sua destinazione.

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