Ora la Roma deve pensare solo alla Juve

Non erano molte, in verità, le chances di una felice rincorsa nei confronti del Milan, anche nel caso che la ripetizione del derby avesse prodotto i tre punti. E dunque la Roma è costretta a dover gradire il punticino guadagnato sulla Juventus nella volata per quel secondo posto che vale l'accesso diretto alla seconda fase di Champion's League, senza dover vivere l'agosto terribile imposto dai preliminari. Agosto che, al contrario, si augura di dover soffrire la Lazio, con quel quarto posto a portata di mano e la prospettiva di giocarsi una carta importante domenica a San Siro contro l'Inter, in corsa insieme con il Parma con l'identico traguardo dei romani. Per tornare alla Roma, che ieri ha vissuto un pomeriggio importante per l'assetto economico, altri sono i rimpianti, non certo il mancato successo in una stracittadina che impone equilibrio ben al di là dei numeri della classifica, soprattutto se si parla di una rivale che frequenta comunque, e non da oggi, i salotti buoni del calcio nazionale. La Roma, nel guardarsi indietro, deve chiedersi che cosa abbia frenato il suo slancio su campi dove la razzia era più che possibile: a Siena, a Brescia, a Reggio, ma soprattutto ad Ancona, in un pomeriggio vissuto con la testa tra le nuvole. La Roma più bella di sempre, è stata definita, con tutte le riserve legate alle differenze di ritmi tra un'epoca e un'altra. Potrebbe non smentire questa sensazione, una squadra tuttora in grado di eguagliare, e perfino di migliorare, la prestigiosa quota record che tre anni fa aveva regalato il terzo scudetto. Anche se il buonsenso induce a ritenere che la trasferta milanese debba ridursi a una questione di prestigio, di valore non soltanto simbolico in prospettiva futura, cioè per l'etichetta «de luxe» che potrebbe far impennare il valore di mercato. Come quasi sempre accade quando la delusione vela la lucidità d'esame, l'immancabile tifoso-tecnico non risparmia qualche appunto a Capello, soprattutto per il non immediato impiego di D'Agostino. Mancando la controprova, non è neanche condannabile la scelta di maggiore solidità in interdizione di fronte a una Lazio già chiara negli intenti, espressi del derby poi sospeso, di una partenza a ritmi feroci. Né era prevedibile che Dacourt andasse in vacanza costringendo Emerson agli straordinari, non da tutti compresi se non dagli addetti ai lavori, e che Candela, in ripresa a Modena, tornasse ai francesismi che avevano opacizzato lo splendore dei suoi giorni migliori. Meglio tornare subito a concentrarsi sull'Empoli e sulla sua forza della disperazione, con la speranza che Palermo risulti ancora propizia mascotte per le aspirazioni del tifo. Tuttora, pare, non disposto a cedere le armi, ma ormai perfino più sereno, con la coscienza che molto è stato fatto.