Il ricordo di quella sera all'Heysel

Cinquanta minuti di gioco, il derby si esaurisce, lascia spazio all'allucinazione pura, una sorta di suggestione collettiva nata da una voce rivelatasi falsa, da un tam tam tramesso da una curva all'altra, fino a determinare un clima anomalo, estremamente pericoloso. Dalla Curva Sud è partito l'appello a Totti e ai suoi: un bimbo era stato ucciso da una camionetta della Polizia, la partita doveva essere sospesa. Consultazioni concitate, in campo e ai margini, con Rosetti impegnato a tentare di comprendere e valutare la situazione. Ma una cosa era molto chiara: la volontà dei giocatori, almeno nella loro grande maggioranza, di fermare la partita. L'arbitro ha avuto l'indicazione ufficiale da un referente importante come Adriano Galliani: non è vero che lo spettacolo debba continuare a ogni costo, in presenza di eventi eccezionali. Una decisione dettata dall'umanità e dal buonsenso, come purtroppo non era avvenuto in altre occasioni realmente segnate dal lutto. Ho un personale, vivissimo ricordo, dell'agghiacciante serata dell'Heysel: quella sì da caricare per intero sulle spalle dell'inetta polizia belga. Ma è difficile dimenticare come il business abbia ignorato la morte di Paparelli a Roma, di Spagnolo e De Falchi a Milano. Giusto che si lanci un segnale forte, da parte degli attori, se non altro. Resta da chiedersi, con angoscia, come possa essere nata la leggenda che ha indotto i tifosi alla rabbia e alla contestazione violenta, al rifiuto di assistere a un evento sportivo attorno al quale si era creato un clima irreale. Difficile pensare a una strumentalizzazione premeditata, perché è impossibile ipotizzare vantaggi per qualcuno. Non per il tifoso normale, che dovrà pagare un altro biglietto, secondo regolamento, essendo stati giocati spiccioli di ripresa. Non per le frange violente, un cui possibile secondo fine non è francamente individuabile. L'occasionale conflittualità con le forze dell'ordine non offre comunque motivazioni accettabili. Rimangono dunque tanti interrogativi su questa pagina inedita della stracittadina romana vissuta, soprattutto negli ultimi tempi, con passione pari alla civiltà degli atteggiamenti. Temo, purtroppo, che a questi interrogativi sarà molto difficile, se non impossibile, dare una risposta che ci aiuti a farci uscire da questa vicenda inquietante con un minimo di serenità nei confronti del futuro. Per tornare alla quotidianità: che sarà talvolta banale, ma sa anche rassicurarci. Si era giocato un buon primo tempo, prima che il dramma coinvolgesse le due tifoserie, solidarmente unite nel rifiutare uno spettacolo tradito dal clima allucinante. Differenti gli atteggiamenti in fase di approccio, con una Lazio maggiormente disposta al lancio in verticale, per sfruttare l'elevazione di Corradi e i continui movimenti di Inzaghi. Possibilità negata alla Roma, che non poteva disporre di uguali riferimenti in attacco: e dunque più propensa agli scambi stretti, soprattutto fra Totti e Cassano, ma con assidua collaborazione di Mancini, di fronte al quale accusava disagi vistosi Zauri, non sempre adeguatamente supportato da Cesar sulla fascia sinistra. Cercato con assiduità Cassano sulla profondità centrale, con Peruzzi per quattro volte in millimetrico vantaggio sul giovane barese. In crescita la Lazio, con reclamo non immotivato su una trattenuta in area di Mancini su Inzaghi, poi alla mezz'ora l'occasione più limpida, quando Fiore è andato via benissimo a destra: sul cross, ha sfiorato Inzaghi e Corradi ha graziato Pelizzoli consentendogli la respinta su una conclusione in apparenza molto agevole. Più contratta la Roma, più incisivi i rivali, meritevoli di miglior sorte al 39', quando Liverani ha liberato Fiore, pronto nel sinistro conclusivo ma sfortunato nel centrare il palo alla sinistra del portiere. Conto pareggiato in chiusura di tempo, quando Mancini ha inventato un assist geniale per Totti: destro sulla base del palo opposto, tutti a riposo. Senza gol, non senza emozioni. Quelle sarebbero sopravvenute