Anche gli arbitri s'inchinano al magnetismo del Diavolo
Non coniugano in modo ossessionante il verbo correre, ma sfiniscono ogni antagonista grazie all'abuso fantastico del possesso palla, su cui aggiungere d'improvviso opportune verticalizzazioni per l'asso Shevchenko o altri eversori. Questa è la formula milanista spesso più riconoscibile, mentre un campionato moribondo nel pathos da lotta-scudetto vagheggia ancora fragorosi cedimenti (utili giusto al miracoloso avvicinamento giallorosso) prima di festeggiare il diciassettesimo titolo tricolore dei berlusconiani. Che non smettono d'imporre, lassù, cadenze impressionanti, come chiariscono i ventuno successi accumulati e, soprattutto, le dodici prestazioni azzeccate durante il 2.004, dove hanno rallentato solo una volta pareggiando nella trasferta leccese. Che assimilati Cafu, Pancaro e il travolgente Kakà dentro formazioni abitualmente poco mutevoli, galoppano spettacolari pure verso riproducibili soddisfazioni in Champions League, abbastanza agevolati dall'ultimo sorteggio. Certo, diventa arduo immaginare che il Deportivo La Coruna, griffato Irureta, possa già domani sera complicare la vita dei detentori galattici, azzerandone lo splendore psicofisico e le superiori qualità creative. Maldini e compagni restano strafavoriti, cioè addirittura scortati dai pronostici alla finalissima-bis, dopo aver scavalcato gli spagnoli e chi prevarrà fra Porto-Lione. Meglio allora prefigurare il loro durevole strapotere, sul versante italiano e nell'hit parade europea, senza ritenere troppo credibile Galliani quando decanta lo sfratto imposto dal Deportivo agli avanzi juventini. Oggi il Diavolo vanta in misura esponenziale quanto serve per un ciclo di trionfi: l'opulenza societaria e l'abilità di Ancelotti, l'incidenza politica e alcuni fuoriclasse decisivi. Lo sanno i parmigiani, cui il signor Farina nega subito la rete sacrosanta di Bresciano. Anche gli arbitri s'inchinano al magnetismo rossonero.