SOCIETÀ, PER RIMUOVERE LA CAUSA DI SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ SERVONO ALMENO 22,3 MILIONI. PRESSING SUGLI AZIONISTI
La decisione è arrivata ieri mattina, prima ancora che le azioni venissero quotate a Piazza Affari. Lo stop alle negoziazioni è arrivato dopo la comunicazione relative all'approvazione, da parte del Cda biancoceleste, di una semestrale dalla quale emerge un patrimonio netto negativo di circa 22,3 milioni. Insomma un capitale sociale ridotto al di sotto del minimo legale, fattispecie che configura una delle cause di scioglimento della società. Salvo, ovviamente, la sua ricostituzione. La Borsa in realtà chiede garanzie che mancano. Infatti, a oggi, la Lazio non ha ricevuto certezze sulla costituzione di un consorzio di garanzia, capace di garantire almeno la sottoscrizione di una quota sufficiente dell'aumento di capitale tale da rimuovere la causa di scioglimento della società. In sostanza, alla società, basterebbe sapere che questi 22,3 milioni (più 100 euro) fossero coperti da banche e/o azionisti. La Lazio spera che l'attuale consorzio (Ligresti, Ricucci e Capitalia, Bnl che a oggi detengono circa il 16%) incrementino la propria partecipazione fino al 25% per cicatrizzare la sofferenza e riammettere il titolo alle contrattazioni. La mossa schiude uno scenario delicato e complesso: la soluzione finale sembra dover arrivare dall'esterno. L'interesse che arriva dall'Olanda e dalla Svizzera è concreto: si aspettano solo comunicazioni ufficiali. Parallelamente un pool di appassionati biancocelesti lavora sulla possibilità di costituire, accanto a un imprenditore romano, uno zoccolo duro costituito dai piccoli azionisti. Intanto ieri sera in ritiro la società ha chiesto ai giocatori un altro sforzo: firmare un accordo quadro sui cinque mesi di stipendi arretrati destinato a costituire il lasciapassare per ottenere la licenza Uefa. Ormai la soluzione non può più attendere. È questione di giorni: entro il 31 marzo la Lazio deve presentare l'integrazione della documentazione già depositata.