«Il calcio non finirà come la Parmalat»

È in questo labirinto che, da domani, comincerà ad inoltrarsi l'inchiesta sul «doping amministrativo». Il materiale su cui lavorare non manca ai magistrati della procura di Roma: oltre 500 scatoloni nei quali è stato stipato il frutto delle perquisizioni dei giorni scorsi nelle sedi delle società di A e B, nonchè negli altri palazzi del calcio. Ieri sulla vicenda è intervenuto il presidente della Figc. «La crisi del calcio - sottolinea Franco Carraro - non ha nulla a che fare con i crack Cirio o della Parmalat. Non abbiamo mai emesso bond, non abbiamo mai danneggiato i risparmiatori. Non è la magistratura che può risolvere in nostri problemi - aggiunge Carraro in una intervista al Tg1 -. Siano noi che lo dobbiamo fare, insieme al Coni, attraverso un sistema di regole che consentano di ridurre i costi rispetto agli incassi». Il numero uno della Federcalcio respinge poi l'immagine del calcio come zavorra dell'economia nazionale: «Anzi, attraverso il totocalcio abbiamo finanziato lo sport italiano e abbiamo versato regolarmente le tasse nelle casse dello Stato». E il decreto spalma debiti? «Sono regole, non soldi. Per lo Stato è a zero lire». Intanto, in attesa che gli inquirenti trovino riscontri ai reati ipotizzati (falso in bilancio ed abuso d'ufficio), proseguono gli attriti scatenati non solo dall'inchiesta medesima, ma anche dalle parole pronunciate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che commentando il blitz della Guardia di Finanza aveva parlato di «stato di polizia». E ad abbassare i toni non è bastata la precisazione che si trattava di una «battuta», comunque «conseguente a quanto successo». La polemica politica rimane accesissima. Se da un lato Ferdinando Adornato (Forza Italia) trova «un pò troppo «spettacolare e generalizzata» l'ondata di perquisizioni dei giorni scorsi, sottolineando che «il malessere del calcio è molto profondo e non può essere risolto da iniziative della magistratura», dall'altro Enrico Letta, responsabile economico della Margherita, sostiene che le parole del presidente del consiglio «denotano la coda di paglia rispetto al sistema del calcio che il premier conosce benissimo, essendo uno dei principali protagonisti della sua deriva». Più sfumati i toni degli addetti ai lavori, a cominciare da quelli del tecnico del Milan, Carlo Ancelotti: «Se tutto ciò serve a migliorare l'immagine del calcio, credo che la voglia di fare chiarezza possa essere positiva». Gli fa eco Marcello Lippi, allenatore della Juve: «Devono preoccuparsi solo le società non in regola. Il calcio deve riconquistare la gente».