di RINO TOMMASI ABBIAMO scritto per anni, addirittura da sempre, che il nostro calcio non ...
Basta la semplice lettura dell'albo d'oro della competizione e metterlo a confronto con quello del campionato per verificare la differenza di valore che i nostri club, prima ancora che la nostra stampa, i nostri tifosi, i nostri giocatori hanno attribuito negli anni alle due competizioni. Succede ora che per una fortunata congiuntura la Coppa stia vivendo, per il secondo anno consecutivo, una buona stagione avendo portato in semifinale le prime quattro teste di serie. Vale anche qui il ragionamento che si fa spesso per i tornei di tennis. Quelli del Grande Slam si distinguono perché li vincono solo giocatori con quattro quarti di nobiltà tennistica. In Coppa Italia hanno invece trovato gloria e titoli anche squadre che non appartengono a quella gerarchia sancita dalla ripartizione degli scudetti. Succede oggi che all'Inter si dicono indignati perché un arbitraggio infelice avrebbe loro impedito di battere la Juventus e di qualificarsi per la finale. Non entro nel merito anche se l'operato di Bolognino ha occupato un'intera trasmissione televisiva. Non è questo il punto. Ai dirigenti dell'Inter vorrei ricordare che qualche anno fa la loro squadra si è fatta eliminare dal Bari mandando in campo una formazione di ragazzini. Volendo trovare una spiegazione tecnica al fatto che anche in Coppa si sono fatte largo le squadre più forti bisogna probabilmente trovarla nella enorme differenza che si è determinata, raggiungendo proporzioni preoccupanti, tra le squadre di vertice, che a me piace definire di A 1, e le altre. In ogni caso credo si possa registrare con soddisfazione che dopo una finale tra Roma e Milan, la Coppa Italia ne ha prodotta una tra Lazio e Juventus, il che consente due considerazioni di segno opposto. Da una parte vuol dire che la Coppa viene onorata con maggiore serietà rispetto al passato, l'altra ci ricorda che il nostro calcio è drammaticamente diviso in due. Personalmente mi rifiuto di definire appassionante un campionato che può essere vinto solo da cinque squadre che rappresentano solo tre città (e va già bene perché prima della crescita di Roma e Lazio, le squadre erano tre e le città soltanto due) ma il problema, credo sia ormai chiaro a tutti, è quello della distribuzione dei diritti TV. Se non si cambia, andremo sempre peggio.