Ma chi dice che sia stata una disgrazia?
Il solo, a quanto pare, che alla favoletta della Coppa Italia volesse ancora credere, se si confronta l'incredibile spettacolo dell'Olimpico con la desolazione degli spalti deserti di San Siro e del Delle Alpi. In realtà, il passaggio alle semifinali di questo trofeo che i suoi promotori, la Lega, ha in tutti i modi svilito nella formula e nei tempi, non rappresentava per la Roma un traguardo particolarmente gratificante. Non tanto per l'impegno supplementare da aggiungere a quello eueropeo, ma per la prospettiva di un mese di febbraio da vivere accanto allo scomodo fantasma di un doppio derby. Ha relativa importanza l'attuale caratura, buona ma non terribile, della rivale da superare per arrivare alla finale. Il problema è che una stracittadina, a Roma, ha uno spessore emozionale particolare, ogni confronto vissuto e sofferto a livelli di stress non immaginabili altrove. E allora, se la Roma si sente di coltivare legittime ambizioni per il più importante degli appuntamenti stagionali, non penso sarebbe stato giusto mettere a rischio il periodo più delicato della stagione per inseguire un obiettivo che promette come ricompensa più ambita un posto in Coppa Uefa. Da un punto di vista sentimentale, è un peccato che una fede testimoniata da un Olimpico incredibilmente gremito non abbia trovato adeguata ricompensa. Ma è difficile dare spazio ai palpiti del cuore, quando la testa impone altre scelte: quelle che Fabio Capello ha deciso di fare mandando in campo le seconde linee, privilegiando il traguardo che è in cima ai sogni del popolo giallorosso, compresi quelli che si sono sorbiti, senza far mai mancare l'appoggio più affettuoso alla squadra, il gelo di giovedì sera. Avesse passato il turno Capello avrebbe sorriso a denti stretti, ma il suo intimo commento sarebbe stato: pazienza. Con maggiore leggerezza d'animo la Roma può andare incontro ai suoi prossimi impegni: il primo dei quali, ricordando anche i disagi della pur vittoriosa partita di andata contro l'Udinese, nasconde un elevato coefficiente di difficoltà. Anche perché le due rivali devono svolgere più elementari temini. Il Milan ha l'Ancona, zerbino sul quale tutti hanno passeggiato finora. E la Juventus, a Empoli, oltre che sulla sua indubbia forza d'urto, può contare su un vantaggio in più, anche se fuori organico. Massimo De Santis, da Tivoli: un nome, una garanzia.