FRAMMENTI DI STORIA
Era l'autunno del 1946, prima giornata di campionato e prima esibizione, agli occhi di una folla sorpresa ma anche ammirata, di quella inimitabile maglia blucerchiata, ideata fra la fusione tra due storiche società genovesi. Una la Sampierdanese che per qualche anno si sarebbe chiamata Liguria (secondo uno dei capricci del regime di allora), già avvezza ai palcoscenici più illustri; l'altra, l'Andrea Doria, da tempo assente dai campionati maggiori. La Samp aveva maglia bianca con fascia orizzontale rossa e nera, la Doria maglia a quarti bianco e blu. In quella nuova uniforme c'era dunque, per intero, la fedeltà ai rispettivi colori, per una composizione di sicuro effetto, tanto da suscitare imitazioni perfino nei campionati esteri. Dunque, prima partita in Serie A per la Sampdoria, sul prato dell'allora Stadio Torino, ora Flaminio. La grande apprensione per i tifosi di una Roma non proprio ben messa, per modestia di organico e di cassa: avrebbe terminato la stagione al quindicesimo posto su venti squadre, salvezza raggiunta con qualche stento. Ma la Roma avrebbe avuto un avvio folgorante, di fronte a una formazione costruita con plateale larghezza di mezzi e perfino con un record assoluto: i dieci milioni di lire spesi per Fattori, preso dall'Inter quando il club milanese badava anche a incassare. Ma c'erano tra i liguri, altri nomi prestigiosi, come quello di Bassetto e del centravanti Baldini, per un programma ambizioso. Che avrebbe sofferto per altro una mortificazione imprevista. Tre a uno per la Roma, popolo in festa, che gioia vedere quel pallone scuotere una rete anomala, a maglie incrociate in diagonale, come in Italia non si era mai visto. Sui tre gol, sempre la stessa forma: Amedeo Amadei, classe 1921, artefice principe del primo scudetto giallorosso, «Ottavo Re di Roma» ma anche «Il Fornaretto» per il tifo capitolino, celebrazione di una grandezza ma anche di un mestiere suggestivo. Quasi ottantatré anni portati alla grande, nel fisico e nella mente, Amedeo ricorda: «Pensa che la neonata Sampdoria, molto ambiziosa, avrebbe voluto anche a me. Me lo propose il presidente Rissotto un giorno in cui la Roma era in ritiro a Nervi, mi fece portare a Genova ma l'affare Roma non si concluse». Una ragione di più per vivere quella prima di campionato con sensazioni particolari: «Ahò, quella era la squadra dei milionari, tutti belli ed eleganti, noi dei poveracci. Però segnai tre gol, un trionfo. A fine partita, un ragazzino arrampicato sulla cancellata dello stadio mi fa: se quello vale dieci milioni, tu quanto vali?». Ma Amedeo, quando vedeva le maglie della Sampdoria, trovava una particolare esaltazione: «Spero che la stessa ispirazione la trovino i ragazzi di adesso. Tornassero a giocare come nelle prime giornate, sarebbe fantastico. Bisogna ricominciare a muoversi di più, ma la squadra c'è. Due anni fa, quando si parlava di prendere assolutamente Davids, dissi che andava benissimo Lima. Però a questi livelli è una sorpresa anche per me». Per tutti, direi. Ma domani all'Olimpico sarà importante, soprattutto, non sottrarsi al fascino di quel lontano ricordo, così ricco di auspici.