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VENTUNO «Un portiere non ha undici avversari, ma ventuno».

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Ultimi secondi di gioco, c'è una rimessa per loro, la tocca Tomasini e la palla torna chissà come verso di me che sono un po' in ritardo. Ricordo che pensai «ora tiro una gran legnata e la sbatto in tribuna, poi l'arbitro fischia ed è finita», e così feci. Solo che ne venne fuori un tiro fantastico, diretto all'incrocio dei pali, naturalmente della nostra porta. Lì c'era Brugnera che parò con la mano, e Lo Bello indicò il dischetto. Io corsi verso di lui e gli dissi «ma come, ora dà il rigore»?, e Lo Bello mi guardò rispondendo: «Mi dica lei, signor Niccolai, cosa dovrei fare». Adesso ci rido, ma il giorno dopo il Guerin Sportivo titolò «Niccolai è impazzito». Non uscii di casa per due giorni». (Comunardo Niccolai, stopper del Cagliari campione d'Italia 1970 e artefice degli autogol più clamorosi nella storia del calcio italiano) BOLOGNA Ancora più celebre di quello di Niccolai è forse l'autogol di Tarantino del Bologna che a tre minuti dalla fine regalò la vittoria alla Juve (siamo nel campionato 2001-2002, la Juve vinse lo scudetto anche grazie a quell'infortuno). La palla arrivava da sinistra, crossata Pessotto, normalissima. Tarantino, tutto solo in area, saltò su per rinviare come aveva fatto altre tremila volte, ma la palla gli girò in un certo modo, sbattè sulla tempia e finì dentro. Lo consolarono anche gli avversari, poco dopo Braschi, impietosito, evitò di ammonirlo e alla fine un massaggiatore pietoso gli sussurrò: «Non sempre la fronte spaziosa aiuta».

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