Simoncelli e Blardone fratelli d'Italia
Li accomuna una smisurata ambizione e la testardaggine. Li divide la loro storia agonistica. Uno, Massimiliano Blardone, è stato sempre visto dalla critica come il predestinato, l'uomo della Provvidenza, quello in grado di salvare la baracca azzurra nei momenti di bufera. L'altro, Davide Simoncelli, invece, ha vissuto la sua esistenza sportiva nell'ombra. Nessuno gli ha mai chiesto molto. Il destino, però, è strano. E così, mentre Blardone collezionava piazzamenti su piazzamenti, senza tuttavia mai riuscire a salire sul podio, Simoncelli saliva, nel dicembre 2002, a sorpresa sul secondo gradino della Gran Risa, prima di bissare la piazza d'onore quest'anno e infine vincere due settimane fa proprio in Alta Badia. Blardone, intanto, continuava a faticare. Sabato scorso, però, la Dea Bendata ha messo le cose a posto: Blardone è giunto secondo nel gigante di Flachau, dando vita alla storia dei Fratelli d'Italia del gigante azzurro. Si è tolto un peso, Massimiliano: «Era ora, non ci credevo più. Al cancelletto di partenza, malgrado fossi in testa alla gara dopo la prima manche, non ho pensato a vincere, ma solo a non fare errori, a non rovinare tutto un'altra volta, come spesso è accaduto in passato». Blardone non ha rovinato nulla e ha sciolto il sortilegio, eliminato il tabù da podio. Con i complimenti di Simoncelli: «Siamo amici, tra noi la rivalità c'è solo al cancelletto di partenza. Sono contento che sia riuscito finalmente a raggiungere un podio in Coppa del Mondo. Ha davvero meritato questo bel risultato. Lui è il più forte della truppa azzurra. Le nostre storie sono diverse. Io ho dovuto faticare e lavorare per migliorare, mentre lui è sempre stato bravo, aveva solo bisogno di un po' di fortuna». Anche se Blardone non è completamente d'accordo: «La fortuna è importante, ma non fondamentale. Io avevo bisogno di tranquillità, gareggiavo per spaccare il mondo. Ero incompleto e finivo per sbagliare. Oggi, grazie al tecnico Ravetto, che tanto bene ha fatto con la squadra francese, sono riuscito a diventare uno sciatore vincente. Non che prima non lo fossi, un quarto posto in Coppa del Mondo è sempre un buon traguardo. Ma il podio ha un sapore speciale». Blardone pare diverso quest'anno. Più centrale sugli sci, che rimangono sempre aderenti alla neve, senza strappi. «È vero - confessa - ho cambiato molto la mia sciata e ancora devo completare la mia metamorfosi sportiva. Però i risultati stanno arrivando e mi incoraggiano». È una squadra dalle grandi potenzialità tecniche, quella italiana di gigante, come ammette Simoncelli: «Io e Massimiliano sciamo bene, ma è tutta la truppa ad avere grandi mezzi. Maier, Kjus e gli altri hanno la prestanza atletica, noi la tecnica. In qualche modo dobbiamo difenderci. E anche se loro sciano peggio di noi hanno vinto tantissimo, quindi ci conviene stare zitti. Però quando vedo certi sciatori mi scappa da ridere: alcuni hanno la pancia, sono grassi». Già, ma il futuro parla italiano, soprattutto in chiave Bormio 2005 e Torino 2006. Blardone, in proposito, ha un sogno nel cassetto: «Che bello sarebbe centrare una tripletta in gigante alle Olimpiadi di Torino. Non conta chi vince, basta ottenere medaglie. Ma i Giochi sono lontani ed è meglio pensare al presente, affrontare le prossime gare con umiltà e concentrazione». Comunque vada il futuro prossimo, però, un dato è certo: per Blardone e Simoncelli la gavetta è finita, come sospira Blardone: «Le ossa ce le siamo fatte, adesso è tempo di levarci parecchie soddisfazioni».