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Stasera all'Olimpico l'atteso Roma-Milan, sfida tra due squadre che puntano allo scudetto

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Cifre che richiamano alla memoria l'introduzione alla «Tribù del calcio», affascinante saggio di Desmond Morris («La scimmia nuda») sul raffronto tra i riti dello sport più popolare e le consuetudini tribali, dai festeggiamenti alle cerimonie propiziatorie. Morris immaginava un'astronave spaziale in volo sulla Terra in un pomeriggio di luglio del 1978. Che cosa avrebbe comunicato alla base, quel marziano, nel constatare che metà della popolazione del pianeta da esplorare aveva puntato la sua attenzione su un relativamente minuscolo rettangolo di prato verde? Che altro non era se non lo stadio di Buenos Aires, dove si giocava la finale mondiale di uno sport del tutto sconosciuto all'alieno di passaggio. Altrettanto sorprendenti le cifre relative allo scontro di questa sera, ma testimonianza sicura di un interesse raramente registrato in passato, e soprattutto in un periodo della stagione che intravede soltanto in lontananza la chiusura dei giochi. Roma e Milan arrivano a un appuntamento non ancora decisivo, ma di straordinario rilievo, con differenti stati d'animo, teoricamente entrambi produttivi. Capolista, con meriti enormi e qualche inattesa spinta alla vigilia della sosta, la Roma ha vissuto vacanze all'insegna dell'esaltazione. Ma senza riflessi negativi, se è vero che la mattana di Lima è stata gestita con eleganza pari al buonsenso, come del resto era accaduto prima per Cassano. Grande serenità, dunque, ad accompagnare una fiducia che era stata la prerogativa del cammino fin qui intrapreso. Lontano, a meno di impensabili cali mentali, il pericolo di adagiarsi sul bello e sul buono fin qui prodotto, alto il livello di attenzione che il suo tecnico è stato da sempre capace di infondere nelle occasioni importanti. Avvilito dalla delusione di Yokohama e scottato dal mancato riscatto di fronte all'Udinese alla ripresa di contatto con il campionato, il Milan vanta paradossalmente motivazioni altrettanto valide rispetto a quelle dei rivali. Ha esperienza da vendere degli scontri da vertice, ha organico maestoso nonostante qualche occasionale dolorosa rinuncia. Sa di giocarsi gran parte della stagione, oltre che del prestigio, difficilmente si lascerà tentare dal tutto e subito, che pure l'attuale ritardo potrebbe giustificare. Al pari della Roma, nessuna distrazione possibile. Certo, le premesse non parlano di garanzia per quello spettacolo che la Roma è in grado di produrre e che il Milan farà di tutto per avvilire e soffocare, come dettano le sue aspirazioni. Non vuole perdere ulteriore terreno, metterà in campo aggressione assidua, quella che la Roma aveva sofferto di fronte alla prima Inter di Zaccheroni. Aggressione che però il biliardo dell'Olimpico può aiutare ad eludere, se i piedi buoni romanisti saranno assecondati da solida disposizione atletica e mentale. Non è facile trovare chiavi di lettura per una partita che la Roma interpreterà secondo vocazione: con pazienza, naturalmente, perché gli spazi saranno maledettamente angusti, senza esporre alla difesa alle incursioni di Shevchenko o ai prodigi balistici di Kaka, una volta lasciato a casa anche Filippo Inzaghi. Si tratterà di scalare un'autentica muraglia, per il tridente d'attacco della Roma, con Carew delegato ad aprire spazi per le magie di tocco di Totti e Cassano. Poiché un confronto di alta classifica è in qualche modo assimilabile a un derby e a tutti i suoi risvolti particolari, non è che la Roma accetti di buon grado il ruolo di favorita che gli osservatori neutrali, ma perfino gli avversari, le attribuiscono senza riserve. Fondamentale, per un ulteriore passo in avanti che rappresenterebbe certezza in un grande futuro, è non illudersi che talento e condizione possano essere sufficienti a tradurre in cifre l'innegabile divario attuale tra le duellanti dell'Olimpico. Finora roccaforte mai scalfita e

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