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di DANIELE DI MARIO FINALMENTE il 2003 è finito.

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La sciatrice romana si è messa alle spalle un 2003 avaro di soddisfazioni, che ha portato qualche quarto e quinto posto a una manciata di centesimi dalla vittoria. E adesso è pronta a ripartire. Nonostante le tante difficoltà che la vita le ha fatto incontrare. Non è stato facile, infatti, per una ragazza dei Castelli Romani decidere di fare la sciatrice, prendere baracca e burattini e trasferirsi in Piemonte per seguire una vocazione che la voleva con gli sci ai piedi. Eppure, Daniela Ceccarelli ha battuto la diffidenza che la circondava ed è riuscita addirittura a laurearsi campionessa olimpica, anche se, come rivela in questa intervista nella quale risulta come al solito schietta e sincera, qualcuno sembra essersene dimenticato. Daniela, innanzitutto come sta? «Bene, mi sento in forma sia dal punto di vista fisico che tecnico. Ho cercato di mettere tutto a posto e i conti adesso stanno tornando». Lei è il prototipo della campionessa tutto casa e allenamento, com'è la sua giornata-tipo? «Mi alzo presto la mattina, metto gli sci e mi alleno. Il pomeriggio stessa cosa, mentre la sera faccio palestra. Poi dritta a letto». E nonostante tutto questo lavoro, per lei il 2003 si è chiuso senza grandi risultati. «E' vero, ma non ne faccio una tragedia. Sono contenta che l'anno sia finito, perché non mi ha portato neppure un podio. Solo tanta sfortuna. Insomma, è stata un'annata da dimenticare sotto il profilo sportivo. Ma il 2003 è stato comunque importante sotto certi aspetti, perché anche dalle situazioni negative si può imparare molto». Dal 2004 cosa si aspetta? «Vorrei la Coppa del Mondo di superG, l'unico obiettivo stagionale non essendoci Mondiali né Olimpiadi». Pensa di poter riscattare la falsa partenza del primo superG stagionale già oggi a Megeve? «Lo spero. Ho le carte in regola per vincere la coppa. Però la pista di Megeve non mi piace, mi dicono sia facile e poco tecnica. Il contrario di come piace a me. Ma se trovo tranquillità posso far bene. E poi mi serve anche un pizzico di fortuna, la stessa che ho avuto nel 2002, quando ho vinto l'oro a Salt Lake City. In quell'occasione ho davvero colto l'attimo». L'assenza di Karen Putzer la aiuta o la penalizza? «Non entro in merito alle faccende personali di Karen. Dico che in superG è la più forte sciatrice italiana. Per me in allenamento è un punto di riferimento e adesso che è out questo riferimento tecnico mi manca. Però in gara non cambia nulla. Fuori dal cancelletto di partenza siamo sole. Il mio rapporto con la Putzer? Siamo compagne di stanza con la Nazionale, ma fuori dallo sci non la frequento. Ho provato a parlare con lei di fatti personali, ma non ho avuto riscontri. Non si è mai aperta. Ma tutti gli altoatesini sono così». Insomma, l'ambiente italiano è ancora molto diviso, proprio come ai Mondiali di St. Moritz. «E' normale, siamo donne e facciamo uno sport individuale. Però a St. Moritz troppe cose non sono andate come dovevano. Io ho fallito il superG per colpa di una buca, però la polemica degli avvertimenti radiofonici è stata montata da qualcuno per scaricare le proprie responsabilità». Com'è la vita da emigrante per lei, romana trapiantata in Piemonte? «Buona, c'è integrazione totale. I romani sono ben visti. Ma a Bergamo e Bolzano non è così. Lì ci odiano ed è come se non avessi mai vinto una medaglia d'oro olimpica. Per questo sento più le Olimpiadi di Torino 2006 che i Mondiali di Bormio 2005. Alle Olimpiadi giocherò in casa, mio marito lavora nello staff che gestisce la pista olimpica di superG. Un tracciato bellissimo. Inoltre, rappresento le Montagne Doc, le Montagne Olimpiche torinesi. Ci tengo a far bene».

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