LO JUVENTINO SI AGGIUDICA IL PALLONE D'ORO
Pavel vince il trofeo davanti a Henry e Maldini
Il re d'Europa, per quest'anno è Pavel Nedved, trentunenne ceco, all'ottava stagione in Italia, cinque campionati nella Lazio e il terzo, l'attuale, con la Juventus. Sul pallone d'oro, sulla sua storia, sui suoi misfatti, molto si è detto e scritto, forse non abbastanza per ricondurre questo strombazzatissimo trofeo alle sue reali dimensioni, un gioco da semiprofessionisti, se non proprio da dilettanti, o poco più. Già l'origine lascia qualche perplessità. Per chi ha seguito il calcio internazionale in giro per il mondo per tanti, forse troppi anni, è storia nota che la critica francese non fosse da annoverarsi tra le più attente e le più informate. Anche perché molto tardi la nazionale transalpina apparse da protagonista sulla scena del calcio mondiale, a distanza della fugace gloria del terzo posto del 1958 in Svezia. Il guaio è che i francesi, promotori dell'iniziativa, non si sono affidati, se non in parte, alle loro personali valutazioni. Meglio ancora avrebbero potuto fare se avessero selezionato con attenzione i giurati ai quali affidare un giochetto comunque in grado di far presa sull'uomo della strada. Invece, con l'eccezione dei preparatissimi italiani, un paio in tutto, e di qualche rispettabile firma del giornalismo sportivo dei Paesi più evoluti in materia, si è scelta la strada dell'universalità, con risultati francamente poco attendibili. Soltanto un fedelissimo di Tommaso Campanella e della sua Città del Sole avrebbe potuto pensare che il raggio miracoloso della conoscenza potesse illuminare le menti critiche di un uzbeco, di un azero, di un macedone. Con tutto il rispetto, parliamo di persone che il calcio internazionale lo hanno seguito su qualche pubblicazione rimediata alla meno peggio e su qualche rara immagine televisiva, puntualmente dedicata agli stessi personaggi, cioè ai protagonisti degli avvenimenti europei più importanti e più reclamizzati. In buona sostanza, nessuno che conosce i meccanismi della votazione può scandalizzarsi se Francesco Totti rimedia tre voti e se Zinedine Zidane se ne aggiudica un terzo di quelli toccati al vincitore. Forse qualcuno ha deciso di cancellare ogni credibilità del Pallone d'Oro, mai toccato a Franco Baresi, quando è stato insignito Matthias Sammer, che nessuno ricorderebbe se non avesse i capelli rossi? Ma è giusto, senza nulla togliere alle doti tecniche di Nedved e al suo conistente apporto ai trofei juventini, ricordare anche che uno dei parametri offerti ai giurati riguardava il fair play. Chissà se qualcuno degli illustri carneadi della critica ha avuto modo di vedere le immagini di uno Zambrotta disposto a confessare all'arbitro la truffa del rigore con il Bologna e vistosamente frenato da chi? Ma da Pavel Nedved, l'icona di questo trofeo bolso e fasullo. Se questa è lealtà, allora è meglio che i bambini si rivolgano ad altri modelli. Per crescere meglio, nello sport e nella vita.