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«Sono capitato a Roma nel momento sbagliato Non ho rimpianti. Ora sto nel posto giusto»

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È la prima volta dal famigerato 5 Maggio di due anni fa quando, già praticamente ripudiato dalla Lazio, scucì dalle maglie dell'Inter uno scudetto già vinto. Adesso, a panchine invertite, rappresenta l'ultima scommessa di Moratti, ripagato da Zaccheroni per la fiducia in campionato, un pareggio e sei vittorie consecutive, che schiude ai nerazzurri inattesi orizzonti di gloria. «Sono capitato — dice, ricordando il breve, quanto tormentato periodo laziale — nel posto giusto al momento sbagliato. Sono stati mesi particolarmente difficili, con una squadra priva di autostima, convinta di non essere più competitiva dopo le cessioni di Nevdev e di Veron. Inoltre la società palesava i primi problemi economici. Non arrivavano gli stipendi, ma bisognava stare zitti. Facile immaginare il clima dello spogliatoio». Le tappe più disgraziate di quel campionato? «Mi sono rimaste sul gozzo tre partite: Nantes, che ci è costata l'eliminazione dalla Champions League, la pesante sconfitta nel derby di ritorno con la Roma, sulla quale sono state scritte tante cose inesatte, e la sbandata di Bologna, alla penultima giornata. Episodi negativi di cui ancora oggi non mi capacito». Rimpianti? «L'essere rimasto così poco tempo in una città splendida e, ancora, l'ottimo rapporto che ho intrattenuto con il presidente Cragnotti». È stato l'esonero più amaro della sua carriera? «Ma io non sono stato esonerato. Vista la situazione, era giusto cambiare. L'ambiente mi era ostile. Può capitare di non essere simpatico a qualcuno. Comunque, mi piace sottolineare che, nonostante tutto, siamo arrivati a due punti dalla Champions League. Ormai è acqua passata». Appunto. Parliamo del presente, della malattia cronica del calcio italiano, Che Inter ha trovato? «Un gruppo che ha voglia di fare bene. Io ho chiesto ai giocatori di seguirmi e loro hanno risposto in maniera più che soddisfacente. Ho espresso le mie teorie e mi sembra che le abbiano recepite». Si attendeva risultati così positivi? «No, perché quando prendi un gruppo nuovo, a campionato in corso, di solito si fa fatica. I segnali, però, sono stati subito di buon auspicio. La squadra mi è stata affidata a tre giorni dalla partita con la Roma e non potevo che chiedere verbalmente determinati movimenti, poi eseguiti sul campo con puntualità». Brucia, però, l'eliminazione dalla Champions League. «Con l'Arsenal siamo crollati a cinque minuti dalla fine. Perché sull'1-3 la squadra si è spaccata in due. Da una parte c'era chi voleva tentare la rimonta, dall'altra chi contenere la sconfitta. A Kiev, invece, abbiamo giocato una grandissima partita». Sfortunati? «Io credo nel lavoro e non mi piace tirare in ballo la fortuna». Il caso Vieri? «Ma non esiste nessun caso Vieri. Lui non attraversa un periodo brillante e per questo l'ho messo in panchina a Bologna. Capisco che giornalisticamente faccia notizia. Ciò non vuol dire che sia sul mercato. Domenica scorsa alcuni campioni di altre squadre sono finiti in panchina senza però suscitare altrettanto scalpore. Adesso, il mio compito è di far riconquistare a Vieri la forma migliore». L'Inter sarà attiva nel prossimo mercato di gennaio? «Non credo nel mercato di riparazione. I tempi d'inserimento dei nuovi giocatori sono sempre lunghi. Poi, questa Inter non ha bisogno di nessuno». Però, si parla con insistenza dell'arrivo di Stankovic e di Adriano. «A questa domanda può rispondere solo il presidente. Con lui farò il punto sulla situazione dopo Natale». Quindi, non è da escludere un colpo a sensazione? «Io non chiederò alcun acquisto. Il vero problema sono i tanti giocatori infortunati. Al momento, abbiamo fuori Materazzi, Coco, Cristiano Zanetti e Helveg. In più Emnre e Recoba si trascinano un qualche acciacco. Il loro recupero è fondamentale». Per quale obbiettivo? «Costruire una squadra capace di giocare a tutto campo ovunque, in casa o in trasferta, in Italia e all'estero, come abbiamo dimostrato a Torino e a Kie

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