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di FABRIZIO MARCHETTI LA PARTITA della vita.

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Ci credono tutti, nonostante l'1-1 dell'Olimpico abbia complicato maledettamente i giochi. Praga è lì, due settimane d'attesa e un imperativo che non conosce alternative. Vincere con lo Sparta e staccare il visto per il passaggio del turno. «Dipende ancora da noi», è il rabbioso grido di Stankovic che si sofferma sulla partita e ne approfitta per parlare della stagione biancoceleste. «Quest'anno per vincere dobbiamo fare gli straordinari. Però non ci rimproveriamo nulla. Mancano i gol ma non è colpa degli attaccanti che si sacrificano e danno tutto per la squadra. Andremo a Praga per ottenere i tre punti. E lo ripeto, il destino è nelle nostre mani». Stefano Fiore fa spallucce, nello sguardo un rimpianto grande così. «Non è bastato un secondo tempo eccezionale. Abbiamo attaccato senza soste, sbagliando, ma provandoci fino in fondo. A Praga sarà una battaglia, senza esclusioni di colpi. Ci interessa anche il risultato dell'altra partita, ma non possiamo permetterci il lusso di attendere. Dobbiamo ottenere tre punti e basta. Qualche errore l'abbiamo commesso in questo primo scorcio di stagione, non c'è dubbio, altrimenti non ci troveremmo in questa situazione. Anche lo Sparta dovrà vincere, non sarà facile, ma con la determinazione messa in mostra nella ripresa possiamo andare lontano. Mi auguro, poi, che il Chelsea faccia il proprio dovere contro il Besiktas». Muzzi, invece, una serata così l'aspettava da una vita. Gli è mancata solo la vittoria, l'epilogo romanzato tradito solo dal gol di Pancu e da un pareggio che mette la Lazio nel limbo. «Un peccato, una gioia a metà. Sognavo il gol con un successo fondamentale», sottolinea con rammarico, anche se quel gol, bellissimo, in rovesciata, permette alla banda-Mancini di crederci ancora. «Puntiamo tutto su Praga, in fondo anche se avessimo vinto con il Besiktas saremmo stati costretti a fare risultato con lo Sparta. Dedico la rete alla mia famiglia, che mi è stata vicina in questo momento di grande difficoltà. Non sono riuscito ad allenarmi come avrei voluto, ora però vedo la luce in fondo al tunnel. L'esultanza alla braccio di ferro? Ero contento, ma ho pensato solo a tornare a centrocampo. Volevamo ripartire e segnare il gol decisivo». Peruzzi, invece, culla il rimpianto di non aver deviato, per un niente, quel rigore di Pancu che ha aperto le marcature. «C'ero arrivato, è andata male. Peccato. Dovevamo vincere, è vero, ma nulla è perso. Il Chelsea deve battere i turchi per garantirsi il passaggio del turno come prima forza del girone. Noi, ma questo è scontato, per passare dobbiamo solo espugnare Praga. E ci proveremo con tutte le nostre forze». Negro, ieri capitano, lancia il diktat che regna sovrano all'interno dello spogliatoio, quasi a confermare una sensazione rafforzata dal coro dialettico della squadra. «Ci crediamo ancora. Non abbiamo sfruttato le occasioni, è vero, ma ce la possiamo fare. Abbiamo dimostrato di esserci ancora». Oddo è sconsolato. «Abbiamo sbagliato troppo. Loro invece hanno giocato solo in difesa, trovando un guizzo piuttosto casuale. È un periodo negativo, direi sfortunato. Ci va tutto storto. La speranza c'è, ma non ci resta che vincere». Mancini ha visto la partita in tv: febbre alta, filo diretto con i fidi collaboratori sistemati dietro la panchina di Orsi e la voglia di crederci fino in fondo. La Lazio non s'arrende. Obiettivo Praga.

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