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Cosmi grida «Forza Roma» alla Monte Mario, poi cambia versione e insulta i giornalisti «La Lazio ci ha innervosito»

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Iniziata al 23' della ripresa d'un normale Lazio-Perugia di fine novembre. Un fallo di Diamoutene su Favalli, il rosso sventolato da Bolognino. Da lì è partito l'anti-spot del calcio. Partorito da un Perugia isterico, che aveva già perso la testa alla fine del primo tempo, quando Stankovic aveva infilato Tardioli, alterando gli equilibri della sfida. Protesta vibrante e reiterata, per un contatto Fusani-Conceiçao, con tanto d'accerchiamento a Bolognino. E pensare che la giornata dell'Olimpico era partita, invece, con lo spot dell'orgoglio nazionale, confezionato da una Curva Nord che «oltre l'ideologia e l'ipocrisia» ha omaggiato i caduti di Nassiryia con uno striscione carico di «rispetto» e un inno, nazionale, da brividi. Esempio ultras. Da applausi. La faccia peggiore del calcio, il contraltare, va in scena sul campo. Il perché lo spiegheranno Cosmi e Gaucci, a fine gara, loro «vittime d'un complotto arbitrale». Il presidente lascia la postazione di «Quelli del Calcio...» e la Ventura, in diretta tv, etichetta i tifosi biancocelesti come «animali inqualificabili», ignorando la perla finale, quella sì inqualificabile, tutta nel labiale «Forza Roma» gridato da Cosmi alla Monte Mario. E la società biancoceleste, lungimirante e sapiente, decide di far rimanere in campo la squadra per evitare appendici infuocate nel sottopassaggio. Infine le dichiarazioni. Lui, Cosmi cambia versione. Al virgolettato lanciato via-Sky, arriva la rettifica «ho detto bella Roma...perché Roma è una bella città», con tanto di insulti al solerte giornalista, reo solo d'averlo incalzato con un interrogativo scomodo. La Lazio, attraverso il diggì De Mita, ha difeso i propri tifosi e risposto in modo fermo alla Ventura. «Non permettiamo che i tifosi della Lazio vengano definiti animali dalla Ventura, che peraltro è nostra amica. In attesa di chiarire con la stessa Ventura, la società dichiara di essere disposta a sospendere la collaborazione con la trasmissione Quelli che il calcio». Cosmi invece continua e va oltre le righe. «Non è stato il Perugia a metterla sulla rissa, è la Lazio che ha cercato di vincere in tutti i modi. Erano in difficoltà, hanno messo in campo anche qualche giochetto di astuzia o furbizia, proprio come sui campetti di periferia. Hanno voluto innervosirci e l'arbitro ci è cascato. La partita ce la siamo giocata fino a quando è stata una gara normale». La Lazio non ci sta. Il presidente Longo ci tiene a precisare che «certamente non erano i biancocelesti ad essere nervosi», il direttore generale De Mita, capace di sedare gli animi negli spogliatoi, prende posizione. «Non è bello vedere queste scene davanti al proprio pubblico. Non riesco a capire perché sia degenerata la partita: certo alcuni atteggiamenti del Perugia hanno inasprito la situazione. Il labiale di Cosmi? Queste cose, personalmente, le eviterei». Mancini non drammatizza ma ammette. «In certe situazioni può succedere di tutto. Il nervosismo era certamente eccessivo, non era una finale di coppa del mondo. Credo che tutto sia nato dalla prima espulsione, quella di Diamoutene. Lì gli animi si sono surriscaldati. Non so cosa sia successo precisamente: si sono innervositi, e davvero non ho visto perché. Quando è scoppiata la baruffa in campo, tutti, laziali e perugini, sono accorsi per calmare gli animi. Io stesso sono entrato in campo per allontanare i miei giocatori». Liverani racconta di come, sull'1-1, «noi non volessimo che si perdesse tempo», spiegando così i motivi della baruffa davanti alla panchina di Cosmi. Corradi mette tutti d'accordo. «Quello che è successo in campo non ci fa onore». Cronaca d'un pomeriggio incredibile.

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