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Galliani parla bene ma razzola male

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diritti televisivi; plusvalenze che non sono più tanto plus e azioni chi si occupa di calcio ha progressivamente smesso di seguire la palla che rotola per dedicarsi sempre di più all'economia e alla finanza. Il fatto è che il dorato mondo del pallone si è pian piano trovato in brache di tela e alla base di tutto ci sono gli sprechi di dirigenti poco avveduti, che mossi dalla passione e dai miraggi dei guadagni promessi dalle televisioni hanno speso tutto, o quasi, molto prima di realizzarli. Studiando le uscite annuali alla voce stipendi, infatti, scopriamo che molte società di calcio sopportano incongruenze inammissibili in qualsiasi altra azienda. Nel Milan, ad esempio, c'è il giocatore più pagato del campionato insieme a Vieri, Rivaldo, che però, finora, non ha quasi mai giocato, dando vita ad un rapporto rendimento-prezzo assolutamente negativo per le casse rossonere. Come lui Rui Costa, che nonostante i 9 milioni di euro annui, dopo l'arrivo del giovane Kakà siede spesso in panchina con tanto di contestazione a S.Siro. E poiché il ventunenne brasiliano di euro ne guadagna 4 milioni all'anno, viene da pensare che il Milan paga 13 milioni ogni dodici mesi solo per coprire il ruolo di trequartista. Una eventualità che subito dopo lo scudetto del 2001 il presidente Sensi evitò alla sua Roma: appena acquistato Cassano, infatti, si liberò di Nakata poiché, come disse allora, non poteva tenere due fuoriclasse di quel peso economico alle spalle di Totti. Tornando al Milan, va detto che in generale sono tutti i suoi stipendi ad essere sono molto alti: il secondo portiere Abbiati ad esempio (che da due anni non gioca quasi mai) viaggia sui 3,2 milioni di euro annui mentre i suoi pari ruolo di Juve, Inter e Roma non arrivano al milione o lo toccano appena. E che dire di Redondo, che nonostante 4 milioni di euro annui è quasi un desaparecido? Ma esempi del genere li troviamo anche nelle altre grandi del campionato. Nella Juve c'è Fresi, che per non giocare prende 2,60 milioni di euro; nell'Inter ci sono lo spagnolo Farinos e Coco; nella Roma Sartor; nella Lazio Colonnese e Gottardi; nel Parma Nakata, che nonostante i 4,5 milioni di euro all'anno ultimamente è spesso finito in panchina perché incapace di adattarsi agli schemi di Prandelli come Marchionni e Bresciano. Della Roma, poi, va detto che, pur essendo insieme alla Reggina la squadra con la rosa meno ampia del campionato (22 giocatori), a fronte dei 70,88 milioni di stipendi annui che paga è la terza (dopo Milan e Juve) per costo pro capite di ogni suo giocatore: 3,22 milioni l'anno a testa, nonostante che il giovane De Rossi sia ancora stipendiato come un primavera. Un caso a parte è quello della matricola Ancona, che ha la rosa più ampia dell'intera serie A, che ha già cambiato allenatore (Sonetti per Menichini, con due stipendi da pagare) e che, dopo il deludente avvio di campionato, ha rimpinguato la rosa con l'ex perugino Rapajc, subito assunto in cambio di 1,5 milioni di euro. Anche per questo la società marchigiana è l'ottava della serie A in quanto a monte stipendi annuo e viene subito dopo le grandi, il Parma e il Bologna. Un plauso, invece, va al Chievo e all'Empoli, le uniche a non avere in rosa neppure un giocatore da un milione all'anno e a cercare di sfruttare al massimo tutti gli elementi a disposizione. A proposito di rose, infine, va notato che al contrario di quanto si potrebbe pensare, ad eccezione di Inter e Juve, quelle più numerose non appartengono ai grandi club (che fanno le coppe) ma a quelli medi o più piccoli. Non è strano anche questo?

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