In curva pensando alla Borsa
Non solo quelle disegnate dalle due squadre sui cento e passa metri del prato dell'Olimpico, ma anche quelle su cui la Consob ha puntato la lente d'ingrandimento. Una sfida quasi da scudetto, ma giocata in una stralunata atmosfera da ultima spiaggia, con un occhio ai bilanci e la certezza che tra 48 ore la Commissione Europea manderà nel freezer il decreto salvacalcio approvato a febbraio dal governo, con buona pace dei debiti già spalmati a lungo termine sui registri societari. In troppi, dai politici che fanno i pesci in barile in tribuna autorità ai tifosi (meno buonisti e più incarogniti rispetto alla tradizione recente) fiutano la malagrana della rometta e della lazietta che potrebbero materializzarsi di nuovo, come fantasmi sopra lo stadio, più densi dei fumi dei lacrimogeni stagnanti lassù. Si gioca per l'altissima classifica, ma in molti sembrano pronti a mettersi le mani alle tasche, non per l'umidità, ma per offrire un seppur modesto contributo: si cominciano a contare i palloni, sperando che nessuno li buchi, e magari si fa alla romana per pagare l'affitto del campo, altrimenti docce fredde e via a casa. Bisogna recuperare più o meno 250 milioni di euro, giocare costa, vivere alla grande ancora di più. Quant'è l'incasso? Un milione e mezzo di euro. Uhmmmm... E che l'argomento chiave di questo derby siano le tasche vuote lo ricordano apertamente le due curve, che dopo essersi beccate con discutibili striscioni d'antipasto (menzione d'onore solo per «Molto Stankovic...e poco Sereni..» della Sud, e per «A noi il Parmacotto a voi sto Granbiscotto» dei dirimpettai laziali), e un imperdonabile errore di ortografia romanista («Schiavizati dagli Irriducibili»), passano alla falsificazione delle banconote. All'ingresso in campo delle squadre, gli ultrà giallorossi scelgono una coreografia che vorrebbe essere «povera ma bella», ma che si trasforma in un micidiale boomerang. Si sventolano mucchi di enormi, inverosimili fogli da cento euro, si srotola il drappo gigante con un tremebondo «dodicesimo biancoceleste», e appare la scritta: «Nun scappate...Ve pagamo». In tribuna si accende il dibattito: è un'allusione al crack finanziario della Cirio o l'invito a darsele di nuovo, dopo i tumulti del prepartita? Sia come sia, la risposta della Nord è micidiale: dalla pista spunta un consistente «Prima pagate i buffi» accompagnato dalla maestosa riproduzione pittorica della foto storica della Lazio di un secolo fa, realizzata dall'artista del tifo biancoceleste Massimo «Disegnello», e la chiosa è «La prima società della capitale». Amen. Si scatena subito nella tana giallorossa la caccia alla talpa, come all'Antimafia di Palermo. Chi ha tradito, si chiedono nella Sud? Effetto dei tempi grami, risponde qualcuno. Tutti hanno un prezzo. Il resto è ordinaria minaccia da una parte e dall'altra (spuntano un inquietante «Assaltiamo il processo di Biscardi» e l'invito al nemico della Croce Adel Smith a lasciare l'Italia). Sul campo, Roma e Lazio ce la mettono tutta. Anche se molti giocatori, arrivando in pullman, si sono spaventati per tutti quei poliziotti in assetto di guerra. Temevano che il reato di gamba tesa avesse spinto le autorità a prepararsi al peggio: con terzini e centrocampisti accompagnati in questura dopo il fischio finale. Rei di aver prodotto qualche livido di troppo sui lombi dei rivali. La sud vince la sua partita nel finale dopo l'uno-due carioca con un «non vincete mai» a squarciagola. A costo zero.