L'Ue punta alla riduzione dello spalmadebiti
La Commissione valuta due ipotesi: portare la durata a 5 anni o adeguarla alla durata dei contratti
Lo hanno confidato, sotto anonimato, fonti della stessa Commissione, secondo cui il doppio esame europeo nei confronti del decreto non comporterà necessariamente una sua bocciatura totale. Martedì prossimo, su proposta del commissario europeo Mario Monti, l'Esecutivo comunitario aprirà un'indagine formale sul decreto salvacalcio, per la sospetta incompatibilità di quest'ultimo con le norme comunitarie sugli aiuti di Stato. La Commissione Europea sostiene, infatti, che le detrazioni fiscali concesse alle società calcistiche sulle perdite causate dalle minusvalenze (ossia dalle svalutazioni dei giocatori) potrebbero costituire una forma di «aiuto di Stato» proibita dalla legislazione comunitaria. Allo stesso tempo, su iniziativa del commissario Frits Bolkestein, Bruxelles inizierà una procedura d'infrazione contro l'Italia per presunta violazione, con il decreto salvacalcio, della direttiva comunitaria sulla contabilità. Secondo due fonti autorevoli della Commissione Europea, sulla possibilità di sopravvivenza del decreto salvacalcio esiste, però, un margine di manovra per un negoziato tra l'Esecutivo comunitario e il Governo italiano. Le fonti, vicine a Monti e Bolkestein, avvertono che ai sensi della direttiva sulla contabilità la spalmatura (già consentita in Italia per un triennio) non può venire aumentata in modo generalizzato a dieci anni, perché non può durare più del contratto tra il singolo giocatore svalutato e la società fruitrice del provvedimento. Ma, secondo le stesse fonti, il decreto salvacalcio potrebbe venire approvato dalla Commissione Europea se il Governo italiano lo modificasse, adeguando la durata della spalmatura a quella del contratto di ciascun calciatore interessato, oppure riducendola da dieci a cinque anni. In tal caso, infatti, gli artifici contabili e gli sgravi fiscali concessi dal Governo alle società calcistiche italiane non costituirebbero più una violazione della direttiva sulla contabilità.