Il figlio del leader libico, in forza al Perugia, trovato positivo al nandrolone. È il terzo caso in A
Quella fatta per il controllo antidoping del 5 ottobre scorso in occasione di Perugia-Reggina. Cominciata tra flash, titoli a nove colonne, applausi e sorrisi, si è concluso in una provetta il sogno italiano di Al Saadi Gheddafi, figlio del leader libico. L'«ingegnere» è stato trovato positivo al nandrolone (sì, ancora lui). Il laboratorio di Roma ha infatti rilevato, nel primo campione, la presenza di norandrosterone, un metabolita del nandrolone. Un cognome che fa rumore, non certo per le qualità tecniche del centrocampista in forza al Perugia, acquistato dal club umbro quest'estate. Perchè dell'«ingegnere» abbiamo visto e conosciuto tutto tranne le sue qualità (vere o presunte tali) tecniche. La carriera «invisibile» di Gheddafi volge dunque al tramonto. Neanche un minuto giocato in competizioni ufficiali per Gheddafi jr, che in campionato è andato in panchina solo una volta. Ironia della sorte proprio quella del controllo fatale. L'allenatore dei grifoni Serse Cosmi lo convocò, concedendogli un posto in panchina (con le guardie del corpo) dopo un paio di settimane in tribuna. Venne premiato per il lavoro svolto dato che per una decina di giorni di seguito Saadi sudò come gli altri. «Aveva chiesto di restare vicino alla squadra» si disse. Poteva essere la sua prima volta. Ma la sfida si rivelò un flop. Il protagonista della vicenda, ancora una volta alla ribalta per vicende non legate alle sue qualità balistiche, si è comunque mostrato sereno. Ha passato il pomeriggio in albergo, messo sotto assedio da giornalisti, fotografi, tifosi e curiosi, e poi si è recato con la squadra allo stadio Curi per allenarsi con la squadra. Ha sorriso e salutato tutti come se nulla fosse accaduto, ma ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Per lui ha parlato il suo portavoce, Gianluca di Carlo, annunciando che «Gheddafi non tornerà in Libia, ma resterà in Italia». Di Carlo ha riferito che Gheddafi ha già avuto un colloquio con i medici che lo hanno curato in Germania. Nelle ultime settimane Gheddafi si era sottoposto a varie cure per risolvere i propri malanni, in particolare i dolori alla schiena. «Gheddafi jr. - ha aggiunto il suo portavoce - è assolutamente sereno, ed è per questo che vuole restare in Italia. Saadi sapeva che contro la Reggina non avrebbe giocato, e sarebbe clamoroso dunque se si fosse dopato». Almeno questa volta non è stata tirata in ballo la solita storia della lozione per capelli, il pollo alla diossina e la carne di cinghiale, tanto cara ai calciatori dal «doping facile». Quello di Gheddafi è il terzo caso di non negatività in questa stagione dopo quelli di Blasi e Kallon (tutti nel giro di un mese). È forse prematuro parlare di una nuova ondata simile a quella di due anni fa, ma la situazione inizia ad allarmare. E intanto, con la sua immancabile puntualità certosina, Guariniello ha chiesto gli atti relativi alla positività di Gheddafi. Come da copione.