I romani tornano in Dardania I giallorossi in Macedonia nel piccolo stadio Gradski tutto esaurito
Una trasferta, dunque, dal sapore della toccata e fuga, con i giallorossi arrivati nella tarda mattinata di ieri e pronti a ripartire per Roma oggi stesso, subito dopo la gara. Nel piccolo stadio Gradski, oggi esaurito in ognuno dei suoi 25.000 posti, venti anni fa, esordì la stella locale: Darko Pancev, centravanti del Vardar per sei stagioni prima di passare alla Stella Rossa e, poi, all'Inter. La Roma ha trascorso la sua unica notte macedone nel centrale Aleksandar Palas da dove, nel primo pomeriggio di ieri, Capello e qualcun altro sono partiti per fare due passi nelle strade della capitale macedone. Una città che non offre molto al visitatore, nonostante abbia alle spalle secoli di storia. Sorta sul fiume Vardar (che dà il nome alla squadra), a metà strada tra le capitali di Albania (Tirana) e Bulgaria (Sofia), Skopje è sempre stata un crocevia delle principali rotte balcaniche. Gli antichi romani la elevarono a capitale della provincia di Dardania riconoscendone l'importanza strategica e come loro la pensarono i successivi dominatori: slavi, bizantini, bulgari, normanni, serbi e turchi, che arrivarono nel 1392 e se ne andarono nel 1912. Le tracce del passato, però, furono cancellate dal disastroso terremoto del 1963, dopo il quale Skopje (allora inglobata nella ex Jugoslavia) fu ricostruita in chiave moderna. Dell'antico abitato di carattere orientale restano il ponte di pietra sul Vardar che dal XV secolo collega la città vecchia alla nuova; i Bagni di Daut Hammam Pascià, risalenti al 1466 e un tempo considerati i bagni turchi più grandi dei Balcani; le sei sale a cupola che ospitano la Galleria d'Arte; l'area del mercato vecchio e la Chiesa di Sveti Spas.