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Baraldi: «La Lega? Non mi tiro indietro»

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Sul rilancio del club: «È stato un miracolo. Mancini rimane qui: questo è il suo progetto»

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«Più semplicemente un miracolo», sottolinea lui, l'architetto del rilancio biancoceleste, al secolo Luca Baraldi. Lazio, quindi. Che oggi è diventato un modello soprattutto grazie al quel piano-stipendi tentativo d'imitazione in tutta Italia. «L'accordo con i giocatori è stata l'innovazione più importante: grazie a quell'intesa abbiamo acquisito forza politica con i grandi creditori. E poi è la prima volta che i giocatori diventano azionisti della propria società, un motivo d'orgoglio per tutti. L'intuizione giusta? Una mattina in albergo, mentre leggevo degli appunti», sottolinea con toni cordiali e attenzione proiettata verso un passato che rimarrà scritto a tinte indelebili nella storia biancoceleste. Baraldi spiega e sottolinea. «Se si fanno le cose con criterio i risultati arrivano. Mi sono andato a rivedere gli articoli riguardanti le vicende finanziarie della Lazio, dal 21 gennaio a oggi, e credo di poter dire che abbiamo fatto un vero miracolo salvando il club». L'hanno cercato in molti, da quel giorno. L'ultima proposta è arrivata da Firenze. «Non nego i contatti, ma i viola sono guidati da un uomo determinato come Della Valle che porterà avanti il progetto. Ho preferito declinare l'offerta, per rispetto nei confronti dei tifosi della Lazio». Già, i tifosi. Un argomento principe nei suoi discorsi. Anche quando si tratta di parlare di Stankovic e di altri giocatori. «I nostri tifosi sono intelligenti, più di quanto si possa pensare. Se verrà ceduto qualcuno lo si farà solo per andare incontro a certe esigenze. L'importante è essere chiari nei confronti della gente e tenerla aggiornata sui vari movimenti». E i tifosi, gli Irriducibili e la Curva Nord, lo ringraziano e ammoniscono con tono preoccupato. «Baraldi è stato il primo dirigente vicino alla tifoseria e al club: sarebbe delittuoso perderlo senza un valido motivo. Non dimentichiamo tutto quello che ha fatto per la Lazio. Ci auguriamo che la sua partenza venga scongiurata, altrimenti la società perderebbe un imprescindibile punto di riferimento». Chiari e incisivi, anche loro. E quindi spazio al futuro. Davanti a tutto, e tutti, c'è la Lazio. «Ma sono più importanti le sorti societarie di quelle personali» è il suo spartito dialettico. In realtà tutto si deciderà nei prossimi 7 giorni, il matrimonio è ancora in bilico. Probabilmente serve un segnale, forte, da parte del resto della dirigenza e dei nuovi azionisti. Altrimenti Baraldi (ieri all'Expogoal insieme a Galliani e Giraudo per un summit sullo stato attuale del calcio) potrebbe lasciare la scena biancoceleste. E magari rimanere senza club per un anno. Intanto c'è già chi gli disegna un futuro importante, da protagonista, che ruota intorno alle lusinghe della Lega: Galliani non si candiderà per una nuova presidenza e, a giugno, il gotha del calcio italiano potrebbe promuovere proprio lui, Luca Baraldi. «Se mi venisse chiesto di dare il mio contributo al calcio non potrei tirarmi indietro e sarei felice di poterlo fare». Infine la Lazio di oggi, cioè Stankovic e Mancini, visti dall'amministratore delegato. «Dejan si è riavvicinato alla Lazio, sta riflettendo a lungo sulla scelta migliore. Certo che per restare ci vogliono forti motivazioni ed un irresistibile desiderio di sognare». Su Mancini. «Il progetto della Lazio è il suo progetto: ha firmato con noi un contratto di 5 anni. Già l'estate scorsa in molti lo davano per partente ma poi è rimasto. Ora non credo abbia alcun interesse ad andare via. È un allenatore importante per noi». Ora però la gente chiede che sia lui a rimanere alla Lazio. Luca Baraldi, l'artefice del rilancio.

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