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di FRANCO MELLI Torna prevalente la tendenza laziale di giudicare solo il bicchiere mezzo vuoto, ...

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E mentre troppe stroncature imperversano, più o meno giustificate, pare faticoso scorgere dentro gli ultimi risultati una normalità fisiologica spesso nascosta quando Formello sprigionava miracoli collettivi, probabilmente determinati pure dal propellente della sopravvivenza professionale. Certo, meglio abbreviare censurando subito i presunti errori già commessi nella gestione dei cambi (per spiegare il blitz riuscito al Parma) e del turn-over (peccati graditi all'Empoli); o, addirittura, nella formazione d'avvio che avrebbe reso irresistibile l'altra sera lo Sparta Praga fino a metà tragitto, senza soccorrere l'impresentabile Conceiçao e altri podisti sfiatati. Ma sono racconti parziali, quasi risultasse impellente l'esigenza esclusiva di bacchettare l'allenatore-manager provvidenziale dopo il buio lasciato dall'epopea cragnottiana; cioè questo «tiranno» caro al banchiere Geronzi e ora strapagato, cui non riuscirebbero proprio i passati prodigi. Vogliamo modulare i ragionamenti, ritenendo l'accusato Roberto Mancini estraneo all'improvvisa eclissi di Stankovic, Corradi e Lopez, tre protagonisti decisivi negli incanti svaniti? Le beatificazioni biancocelesti rappresentavano forse un'irripetibile avventura, dove ogni interprete sapeva srotolare football avveniristico sprintando ovunque oltre i limiti dinamici degli antagonisti. E nacque la favola del tecnico di Jesi, che armonizzava (su ritmi pazzeschi) squattrinati devoti allo spasimo; un copyright rafforzato dal fattore sorpresa e da fluidi positivi. Poi, il riflusso. Poi, una scriteriata tournée americana per aggravare le complicazioni d'una preparazione modificata causa i preliminari di Champions League. Rammentate? Mancini fremeva, salvo chiedere Pizarro e Mutu, soluzioni davvero propedeutiche al prolungamento dei sogni. Ci accontentammo di rilanciare il radar di Albertini, appesantendo l'età media d'un gruppo storico anagraficamente vecchio. Né reclutare Dabo, Zauri e l'appassionato Muzzi, significò aggiungere talismani che recuperassero l'armonia da spogliatoio. Tuttavia, assente ancora l'indispensabile Cesar per colpevoli omissioni del nuovo staff medico, il riepilogo provvisorio scandalizza giusto i profeti di sventura. O quelli che attribuiscono eccessiva importanza alle scollature societarie, paventando l'addio vicino d'un Baraldi amareggiato dall'opposizione dei manciniani. Che comunque restano primi nel loro girone europeo, senza escludere d'agganciare presto l'area-scudetto. Vi sembra irragionevole, non vantando i bomber e i fuoriclasse delle quattro sorelle privilegiate? Calma, gente di poca fede: bloccate le amnesie, il Mancio si riscatterà. Lui resta al centro delle speranze laziali.

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