di FABRIZIO MARCHETTI INZAGHI salva la Lazio.

Amnesie ed errori, con un centrocampo lontano parente dell'avvolgente linea tutto fosforo e qualità ammirata nella scorsa stagione. Il 2-2 finale alimenta i rimpianti i due punti lasciati tra i dubbi, ma proietta i biancocelesti al primo posto nel girone, complice la sconfitta del Chelsea col modesto Besiktas. Mancini sceglie il 4-4-2 Il tecnico sposa il modulo base e dà fiducia a Inzaghi. Muzzi, come previsto, rimane ai box, Mancio si affida all'attacco pesante: vicino al rientrante Corradi c'è Inzaghi, preferito a Lopez. Conceiçao invece c'è e si piazza a destra, con Fiore spostato a sinistra. Dall'altra c'è Poborsky, ex accolto con i fischi: il ceko è la punta di diamante dello Sparta che sceglie uno speculare 4-4-2 e si affida alle ripartenze di Sionko. La legge dell'ex La Lazio ci prova, da subito. Parte con la marcia inserita, anche se il gioco non decolla. Spazio all'estro dei singoli, all'esuberanza di Inzaghino, che guadagna centimetri e scatta negli spazi, collezionando al 10' un'occasione solare, sul cross dalla destra di Conceiçao. Il colpo di testa dell'attaccante si spegne sul fondo, poi via al valzer degli angoli. Mihajlovic perde il conto, insomma sembra una partita monotematica eppure lo Sparta regge l'urto senza affanni. L'illusione dura quindici minuti, il tempo utile affinché gli avversari prendano le misure e neutralizzino le fonti di gioco. Stankovic e Albertini sono la controfigura dei mediani ammirati in avvio di stagione, Conceiçao e Fiore si scambiano mansioni e ruoli in corsa d'opera senza garantire incisività né interdizione. Sale allora in cattedra il fischiatissimo Poborsky, che aveva lasciato l'Olimpico con una doppietta (all'Inter) e un corollario di insulti alla Curva. Il ceko affonda il destro nelle indecisioni biancocelesti: prima pennella un assist con i fiocchi per l'inserimento di Sionko, che sbuca alle spalle di Favalli, e solo soletto devìa sporco, ma di quel tanto per mettere fuori causa Peruzzi. All'Olimpico cala il gelo, la Lazio non c'è più. Non gioca, non crea, non diverte. E sbanda paurosamente. Quindi Poborsky completa l'opera: prima spedisce un destro al fulmicotone fuori d'un soffio, quindi al 35', con la difesa in balìa, tocca facile facile di destro, a porta vuota. La reazione è tutta in un destro a giro di Conceiçao: troppo poco per mettere paura a uno Sparta che non è lo scibile calcistico, eppure tiene in scacco l'intera banda-Mancini. Bomber di Coppa Si riparte dopo un quarto d'ora d'interrogativi e bastano 13 secondi e una combinazione Stam-Corradi per innescare il sinistro vincente di Simone Inzaghi. La Lazio accorcia e cambia marcia. Liverani, entrato al posto di Albertini, regala geometrie, Stankovic prova la percussione centrale. Insomma è un'altra musica. E Inzaghino, ancora lui, trova un rigore dei suoi: sgomita, lotta con Johana, va giù. Contatto dubbio ma l'arbitro indica il dischetto. E Inzaghi, proprio lui, fa 2-2 con un destro preciso, rasoterra. L'Olimpico s'infiamma, dedica cori di scherno a Capello, presente in tribuna. C'è tempo per un'azione supersonica Inzaghi-Muzzi, ma non è vera Lazio. E Poborsky fa ancora paura. Il pari, sofferto e rocambolesco, è lo specchio d'una squadra che stenta a ritrovarsi.